Spie, eroismi e disastri Il cinema va in guerra (dagli Usa alla Corea...)

Tre film rilanciano un genere "soffocato" dagli horror-acchiappatutto ma che punta all'Oscar

Spie, eroismi e disastri Il cinema va in guerra (dagli Usa alla Corea...)

Il cinema va in guerra, ma senza impugnare le armi. Lo fa affidandosi, in questa estate 2017, a un genere che, rispetto a quello western, è riuscito a sopravvivere a quella avanzata, inarrestabile, dei giovanilistici horror che ha invaso i cartelloni delle sale. Tra luglio e agosto, sono usciti, o stanno per farlo, ben tre film bellici, che raccontano episodi più o meno conosciuti, di atti di eroismo e viltà, con vista Oscar. A cominciare dal sudcoreano Operation Chromite che racconta un episodio realmente accaduto durante la guerra di Corea. Nel 1950, la Nord Corea invade quella del Sud. Per ristabilire l'ordine, viene incaricato il generale MacArthur (cui dà volto Liam Neeson), comandante supremo delle forze Onu, che pianifica lo sbarco degli alleati nella città di Incheon. Difficile a farsi, però, per la connotazione geografica della località che sembra riservare, alle truppe alleate, poche possibilità di successo. Per accendere la speranza, occorre scoprire i piani degli invasori e a tal fine otto sudcoreani accettano di infiltrarsi nella città occupata, per carpire quei segreti militari che potrebbero garantire il successo dell'operazione «Chromite». Comandato dal capitano Jang Hak-soo, il gruppetto di eroi riesce effettivamente a entrare a Incheon. Qualcosa, però, va storto e solo con un gesto di eroismo si potrebbe portare a termine la missione. Come è andata a finire, ce lo ha insegnato la storia... È interessante notare come la Sud Corea, diventata, dal punto di vista cinematografico, una potenza mondiale, faccia arrivare poco o nulla sul nostro territorio, limitandosi a qualche film d'autore: sorprende, perciò, positivamente, l'approdo di questo kolossal bellico, pur con deriva patriottica. Va detto che, per molto tempo, Operation Chromite prende più la piega del thriller spionistico, ma lo sbarco finale, comandato da Neeson, con pipa di pannocchia in bocca, rende l'idea di quello che accadde lo scorso secolo.

Interessante, e forse sconosciuta ai più, è anche la storia raccontata in USS Indianapolis, da qualche settimana nelle sale. L'incrociatore pesante americano, comandato dal capitano Charles Butler McVay III, divenne famoso per due episodi tra loro collegati. Il 26 luglio 1945, infatti, consegnò in gran segreto, alla base di Tinian, l'involucro e la carica di uranio fondamentali per assemblare la prima bomba atomica lanciata poi su Hiroshima. Dopo quattro giorni, in pieno mare delle Filippine, la «USS Indianapolis» venne affondata da un sommergibile giapponese con a capo il comandante nipponico Mochitsura Hashimoto. Dei 1.196 membri dell'equipaggio, si salvarono, momentaneamente, 900 naufraghi, abbandonati, per quattro giorni, in acque infestate dagli squali. Il lancio di razzi di segnalazione venne male interpretato e ignorato, fino a quando, il 2 agosto, un velivolo scorse i superstiti in mare. Durante il naufragio, molti membri dell'equipaggio impazzirono a causa degli effetti della disidratazione e tanti finirono mangiati dagli squali. Alla fine, si salvarono solo in 316 su 1.196; il conto fa 880 vittime, ovvero la seconda maggior perdita di vite umane in un unico evento della storia della Marina Usa. Il film ripercorre tutti quei tragici momenti, affidando, purtroppo, la parte principale del comandante al monoespressivo Nicolas Cage. Un'ulteriore beffa per l'ammiraglio McVay che, dopo il salvataggio, venne usato come «capro espiatorio» dalla US Navy. Solo nel 2000, il Congresso ha approvato una risoluzione per apporre, nel suo stato di servizio, il proscioglimento dalle accuse per la perdita dell'«USS Indianapolis». Troppo tardi: McVay si era suicidato, nel 1968, a seguito anche delle accuse che gli rivolsero, per anni, i familiari delle vittime.

Infine, il 31 agosto, è il momento dell'attesissimo Dunkirk, firmato da Christopher Nolan, pellicola che molti candidano come trionfatore ai prossimi Oscar. In effetti, è un tripudio visivo che accompagna il racconto dell'evacuazione, dalla spiaggia di Dunkerque, verso il Regno Unito, di diverse centinaia di migliaia di soldati alleati, sotto la minaccia tedesca. Un salvataggio fatto con ogni tipo di mezzo, al quale Nolan rende omaggio, in maniera impressionante, trasferendo agli spettatori il senso di accerchiamento, panico e disperazione vissuto, all'epoca, dai militari protagonisti.

A questi tre film, poi, si può aggiungere l'istrionico War Machine, prodotto da

Netflix (ancora visibile sulla piattaforma a pagamento), con Brad Pitt nei panni del generale Glen McMahon, mandato in Afghanistan per far finire la guerra e che sarà invece «sconfitto» da un articolo uscito su Rolling Stone.

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