Si intitola La verità, forse. Piccola enciclopedia del sapere filosofico dai Greci allo storicismo il nuovo libro di Giancristiano Desiderio (Liberilibri, pagg. 264, euro 16), che tratta una delle questioni più discusse dalla filosofia. Desiderio però non si occupa di una concezione accademica della verità, bensì di «una più umana concezione della verità come storia che, al di là delle incomprensioni, consente di intenderci su cose essenziali come la vita e la morte, la verità e la dipendenza». Pubblichiamo qui un brano del libro, dedicato al rapporto fra Stato e individuo.
Giancristiano DesiderioLa domanda «Come devo vivere?» non solo ha più risposte ma è senza risposta. Noi rispondiamo così: «Devo vivere bene» o «Devo vivere una vita buona» e la vita buona è la cura dell'anima.L'anima ha bisogno di cura proprio perché è la radice del conflitto, ma la cura non viene a soppiantare il conflitto o a neutralizzarlo. La cura mette in forma il conflitto, lo mostra, lo addolcisce, lo lenisce ma non lo nega perché negare il conflitto significherebbe uccidere l'anima. La cura dell'anima non è schematizzabile, non si lascia ridurre a metodo. Chi sa come io posso e devo vivere bene? La domanda esige una risposta dall'io e dell'io, e all'io nessuno può sostituirsi. Ecco perché la domanda «Come devo vivere?» o la domanda «Cos'è il bene?» hanno risposte plurime o sono senza risposta: sono cioè aperte perché da qui dipende se siamo liberi o no. Neanche lo Stato, soprattutto lo Stato, al quale troppo spesso si attribuiscono funzioni che non gli competono, può rispondere a queste domande vitali. Il modello di riferimento dello Stato, infatti, è il sistema di sicurezza mentre il modello di riferimento di chi risponde col pensiero e con la vita alla domanda «Come devo vivere?» o «Cos'è il bene?» è controllo e abbandono. Verità e vita sono conflittuali e lo Stato soprattutto lo Stato moderno, ma lo Stato è moderno viene al mondo limitando il conflitto per garantire sicurezza.A sua volta, però, la sicurezza deve essere finalizzata alla libertà, alle libertà. Non si può aumentare all'inverosimile la sicurezza allo scopo di limitare il più possibile il conflitto fino a eliminarlo. Non lo si può fare perché come visto è proprio dal conflitto che dipende la libertà. Non lo si può fare neanche in nome di un sapere superiore che lo Stato in quanto Stato avrebbe e gli uomini in quanto comuni mortali no. Non lo si può fare perché il sapere superiore che lo Stato attribuisce a sé, cioè che alcuni uomini che in alcuni momenti lo rappresentano gli attribuiscono, è inesistente. Lo Stato non sa mai come io voglio vivere e come io devo vivere. Ciò che lo Stato può sapere è quale possa essere il nostro stato di sicurezza e questo stato di sicurezza può allargarsi o ridursi a seconda delle situazioni interne o esterne nelle quali ci si trova: guerre, attacchi, epidemie, crisi sociali. Ma proprio queste decisioni dello Stato cioè degli uomini che governano non confermano ma smentiscono che lo Stato abbia un sapere superiore giacché le decisioni anche quelle dello Stato di eccezione non riguardano e non possono riguardare come io voglio vivere e come io devo vivere ma unicamente la sicurezza dello Stato.Tuttavia, i comuni mortali attribuiscono a quel «dio mortale» che è lo Stato funzioni conoscitive che non gli competono perché hanno a cuore più la sicurezza che la libertà e la verità. In questo modo, anche in forza di una «servitù volontaria», lo Stato diventa una questione gnoseologica. Vale a dire, ritenendo di sapere più e meglio di quanto sappiano gli io, lo Stato o monopolizza o interviene pesantemente nell'istruzione, nella ricerca, nell'informazione, nelle professioni, nelle industrie gravando così con il peso della conoscenza statizzata direttamente nelle vite dei mortali che a loro spese scoprono di essere non solo meno liberi ma anche meno sicuri.In pratica, più il potere aumenta le sue funzioni, più diminuiscono, sotto un'apparente sicurezza, le libertà civili e morali dei mortali.
Ecco perché lo Stato va affrontato anche come questione gnoseologica non sa tutto, non può tutto; non deve sapere tutto, non deve fare tutto e la verità si manifesta come critica dei poteri e di un sapere indebito che mira a privarci della nostra prima libertà e nostro primo dovere: il governo di noi stessi.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.