Sul palco dei ricordi fra jazz, versi e pupe. Torna l'epopea di Fred Buscaglione

In un cofanetto 5 album con tutti i suoi successi. E le narrazioni di Leo Chiosso

Sul palco dei ricordi fra jazz, versi e pupe. Torna l'epopea di Fred Buscaglione

A Torino, non ci fosse stato l'Aldo Ferrari, figlio di uno chef di New York, Leo Chiosso non avrebbe conosciuto Fred Buscaglione e chissà che fine avrebbero fatto i duri alla «boia fauss» che hanno segnato la canzone italiana. E invece è nato lo swing del duro alla Eddie Constantine («Che botte che botte quella notte/ mi ricordo di sei mascelle rotte/ ho un sinistro da un quintale/ ed il destro vi dirò/ solo un altro ce l'ha uguale/ ma l'ho messo ko») o quello un po' sfigato alla Johnny Dortmunder in classici come Eri piccola.

Sono 60 anni che il grande Fred se n'è andato a bordo della sua Ford Thunderbird rosa nello schianto del 3 febbraio 1960, e per celebrarlo esce oggi il sontuoso cofanetto A tutti piace Fred. Un'opera completissima che comprende cinque album; tre con tutti i suoi successi - da quelli ironici e trasgressivi come Il dritto di Chicago, Noi duri, Teresa non sparare (che Chiosso definì la prima visione femminista nella storia della canzone italiana), alle ballate romantiche come Love In Portofino - rimasterizzati; uno con le canzoni riprese da artisti italiani come Brunori Sas, Mina (Che bambola), Rino Gaetano, il pioniere del r'n'r Louis Prima e soprattutto Ornella Vanoni che rilegge Una sigaretta con giganti del jazz come Gil Evans e Ron Carter; e un cd con la voce di Leo Chiosso (scomparso nel 2006) che racconta storie memorabili, i personaggi nati dalla passione per l'America di Bulli e pupe e dalla cronaca nera di tutti i giorni. «Fu Fred a capire che dovevamo personalizzare le canzoni - ricorda Chiosso nel libro I giorni di Fred - se nei libri si parlava delle pupe dei gangster, noi dovevamo pensare alle commesse della Standa». Così nacquero Che bambola (nel '56 vendette quasi un milione di copie) e Whisky facile.

E le musiche erano appannaggio di Fred, che aveva il jazz nel sangue, aveva suonato per gli americani e copiava da Dio lo swing di Glenn Miller. E qui torna in ballo l'Aldo Ferrari che un giorno raccontò agli amici: «A Torino c'è un ragazzino che suona il violino alla Joe Venuti e canta alla Louis Armstrong. Suona il contrabbasso nell'orchestra del Ligure ma, quando i grandi fanno pausa, prende il violino e cambia la serata sparando lì una Sweet Georgia Brown». Il primo incontro in quel locale con Chiosso segnò il colpo di fulmine che solo la morte di Fred (e tre anni di guerra) riuscirono a separare. Buona musica e notti brave in una Torino notturna che pulsava di jazz (ci capitò persino Liza Minnelli con Armstrong e Chiosso scrisse una canzone per lui!) e di whisky facile (anche se Fred preferiva il vino rosso). Una Chicago casereccia, spaccona e nostrana che faceva breccia nel grande pubblico e nei frequentatori di locali notturni. Un successo irresistibile costruito sull'immaginazione fertile e sull'amicizia; i due abitavano l'uno di fronte all'altro e uscivano sul balcone per consultarsi su testi e musiche... Uno fischiettava la melodia, l'altro buttava giù le parole. Un po' jazz e un po' cabaret, tanta fantasia e tanto divertimento.

Fred e Leo conquistarono tutti; traviarono persino un cantante «serio» come Gino Latilla scrivendo per lui la demenziale ante litteram Tchumbala Bey, che il melenso Latilla interpretava dal vivo strappandosi i bottoni della camicia e rimanendo a torso nudo sul palco. Altro che le trasgressioni di oggi.

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