Però sono bei soldini. Puntuale come la cartella delle tasse, anche quest’anno Billboard, ossia la bibbia del pop, pubblica la classifica dei musicisti che hanno un motivo in più per festeggiare il 2011. I più ricchi. Quelli cui è andata meglio. Quaranta nomi, praticamente è il pantheon del pop rock, da Lady Gaga a Elton John, da Bon Jovi agli U2. Ma anche il cimitero del rap, visto che sono soltanto tre, e neppure dei più arrabbiati, i rapper in classifica: Lil’ Wayne, Usher e Kanye West. Facciamola breve: la più ricca del bigoncio è Taylor Swift, anni 22 per gradire, una forza della natura a bordo di un country pop facile: quasi trentasei milioni di dollari, signori, decisamente più degli U2 che si sono fermati a 32, e oltre sette volte gli ultimi classificati, i «poveracci» Linkin Park che hanno portato a casa un po’ più di cinque milioni.
Attenzione: qui non si parla di incassi lordi, figurarsi, altrimenti solo con i tour gli U2 avrebbero vinto a mani basse, avendo accolto ai loro show ben 7.3 milioni di spettaotori per la bellezza di 736 milioni di dollari. Per farla breve, le cifre di Billboard rappresentano guadagni netti, tutti provenienti dalla vendita di dischi (liquidi o fisici), di concerti e di diritti d’autore di ciascun artista. Roba che in Italia (ma anche in altri paesi) non sarebbe possibile calcolare neanche con il fucile spianato. In ogni caso, dati alla mano, è una radiografia significativa. Ed è presto detto: la musica sta tornando un affare per giovani. O giovanissimi. O musicisti stagionati, magari pure ultrasessantenni, ma non pigri. Dal rock impegnato al rock affaticato. E, per favore, astenersi perditempo.
Dalla classifica di Billboard, e da tanti altri segnali sul mercato, si capisce che i guadagni più sensibili arrivano dai concerti e da quelle sponsorizzazioni che, per ragioni fiscali, questa classifica non può calcolare. Insomma, non si guadagna più con la vendita dei dischi. Il fienile si riempie con i tour, i concerti uno dietro l’altro fino a stramazzare di fatica. Piccolo esempio. Lady Gaga, che nel 2011 ha ridotto gli show, è scesa al quarto posto nonostante sia una dei best seller dell’anno. E Adele pure. Ha battuto ogni record di permanenza in classifica (23 settimane al numero uno solo negli States con il cd 21). Ma ha dovuto fermare le apparizioni pubbliche per problemi alla voce e quindi è precipitata al decimo posto con tredici milioni di dollari. Vedi cosa capita per un po’ di raucedine. Idem i Beatles: sono sul gradino 24 con oltre 6 milioni e mezzo solo grazie a dischi venduti e royalties. E anche qui il destino ci ha messo il suo tocco ironico. Al venticinquesimo posto, con una differenza inferiore ai ventimila dollari, c’è Paul McCartney, che ha venduto «solo» mezzo milione di dischi ma ha suonato in stadi e arene tutte esaurite. Lo stesso dicasi per monumenti come Elton John, Bob Seger o Journey che guadagnano come, o appena meno, Britney Spears e Katy Perry, sparpagliandosi tra la decima e la ventesima posizione ma sfigurando di fronte all’ignoto, qui in Italia, Jason Aldean. E chi è? Un trentacinquenne con il cappello da cowboy e la chitarra acustica a tracolla che ha spacciato su ogni palco possibile e immaginabile il suo ibrido country rap (mamma mia) totalizzando tredici milioni e mezzo di dollari. Insomma, il paradosso è che la tecnologia obbliga a tornare ai muscoli. Più digitale si fa la musica, e più i musicisti sono obbligati a fare i musicisti. Sul serio. Sul palco. Cantando. O suonando. Come ai vecchi tempi, dirà qualcuno.
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