Torna Renzo Arbore Ma quanto è moderna l’archeologia musicale

Torna in cd e dvd l’epopea di "Doc", il programma del mattatore che negli anni ’80 portò in tv tutte le star

Torna Renzo Arbore Ma quanto è moderna l’archeologia musicale

Tutto nacque da quella sua mania - che risale ai tempi eroici di Speciale per voi - di trasmettere alla radio e in tv la musica dal vivo. Così nacque Doc, il programma sottotitolato Musica e altro a denominazione di origine controllata che Renzo Arbore guidò quotidianamente su Raidue per 400 puntate tra l’87 e l’89. Una trasmissione che proponeva il meglio della musica mondiale (cose mai viste in tv all’epoca) e che gli appassionati gustavano come vere prelibatezze. Oggi quelle primizie vengono ripubblicate in un cofanetto di tre cd e un dvd che ne riassume il meglio del meglio.

«L’archivio di Doc è uno dei più preziosi della Rai - sottolinea Arbore -. Oggi la televisione si basa tutta sull’attualità, ci sono i giochi, le imitazioni, poche cose da conservare. Il nostro programma, che andava in onda fra l’altro in contemporanea con il mio Indietro tutta, raccoglieva il meglio della musica di quegli anni eseguita da artisti ancora nel pieno del loro fulgore artistico e fisico». Un fiore all’occhiello nella lunga epopea arboriana, anche dal punto di vista tecnico. «Era registrato benissimo, avevamo una consolle che fece invidia persino ai tecnici di Miles Davis». Già, perché il Renzo nazionale riuscì ad attirare nel suo goliardico studio persino il divo Miles, un’impresa non da poco. «Sì, all’inizio non voleva venire perché non si fidava degli studi televisivi, erano vent’anni che non ci entrava. Ma quando sentì come suonava la sua tromba da noi si lasciò subito convincere».

Al fianco di Arbore due entertainment come Gegè Telesforo, oggi grande voce del canto jazz italiano, e Monica Nannini, per la parte non musicale. «È stato un programma propedeutico all’ascolto della musica, con un pizzico di leggerezza e di intrattenimento - sottolinea Arbore con orgoglio -. Gli artisti dal vivo si alternavano ad un filmato su Ella Fitzgerald cui magari seguiva un’intervista a Carlo Verdone che parlava dei Pink Floyd e così via». Da Doc è passato il meglio della musica internazionale, dal rock al blues al country. Maestri come Chet Baker, Rufus Thomas, Joe Cocker e personaggi di culto come il re della Louisiana, Zachary Richard, Irma Thomas, i Roomful of Blues. «Non volevamo passare dalle case discografiche e promuovere i dischi del momento. Andavamo dagli impresari e chiedevamo loro di far venire gli artisti a Roma. Così contattammo Dr John a New Orleans, gli pagammo un biglietto aereo in classe turistica e arrivò con il suo meraviglioso piano blues». Che fortuna avere tutte quelle star sotto mano; e quanti aneddoti... «A volte fummo anche fortunati. Joe Cocker arrivò in studio un giorno in cui non era completamente ubriaco e incontrò per caso James Brown con cui improvvisò una session, e ciascuno di loro doveva pagare pegno lasciando un souvenir, chessò un cappellino, gli occhialini, un plettro di chitarra. Ora stiamo cercando di recuperarli tutti, magari per allestire un’esposizione perché sono oggetti di valore».

Stesso principio per gli artisti italiani. Accorsero tutti, da quelli della scuola genovese ai milanesi, da Dalla (nel cofanetto c’è un duetto con Arbore) ai Litfiba passando per Francesco De Gregori. Molti di loro, che non erano ancora affermati, registrarono anche un vero e proprio concerto che è rimasto lì in archivio.

All’epoca Arbore era attivissimo come conduttore. «Quando decisi di chiudere Indietro tutta - ricorda -, in una notte improvvisai una scenografia, la scuola Antonio De Curtis, e organizzai in prima serata Doc offerta speciale, che ebbe un ottimo successo». Alla fine, guardando il cofanetto, è inevitabile il paragone con il passato. Sarebbe possibile oggi riproporre un programma così?

«Ci vorrebbe un programma che raccontasse la storia della musica. Non è nostalgia.

Siamo davvero sicuri che i giovanissimi conoscano il primo rock’n’roll di Fats Domino, o Ray Charles o i Beatles? O invece conoscono solo il pop di Madonna e Lady Gaga? Oggi che nel jazz e nel rock non esistono più caposcuola, bisogna tornare alle radici. Qualche passo nella giusta direzione è stato fatto con lo show di Stefano Bollani, ma bisognerebbe fare molto di più».

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