Cultura e Spettacoli

"Vi dico che il merito non esiste. C'è solo il talento e va sfruttato"

Il grande tenore Andrea Bocelli prepara un disco pop: "Sto pensando al nuovo album di inediti, ma con calma... Sono rilassato"

"Vi dico che il merito non esiste. C'è solo il talento e va sfruttato"

Dal nostro inviato a Lajatico (Pisa)

C'è qualcosa di ancestrale e magico qui nella sala prove mentre Andrea Bocelli prepara la serata del Teatro del Silenzio con le Voices of Haiti. Podere Il Poggioncino, a Lajatico. Lui il tenore italiano più famoso nel mondo, loro voci soavi ma straziate da uno dei terremoti più sanguinosi di sempre (quello del 2010). Più tardi canteranno insieme alcuni brani compreso il celebre Con te partirò (con sorpresa di lui che non se l'aspettava). Nel frattempo questo marcantonio di tenore, alto 1,86 e sportivo come pochi (infatti scende da una cavalcata con Caudillo, il suo cavallo preferito) parla di tutto come può fare soltanto chi da 23 anni attraversa il mondo a bordo della musica.

A proposito, caro Bocelli, quando pubblica il prossimo disco?

«Bisogna capirci di quale tipo di musica si sta parlando. Ho appena pubblicato la Turandot cantata con il Maggio Musicale Fiorentino diretto da Mehta. E ci sono anche l'Aida e il Rigoletto. E a Torre del Lago ho cantato musica ottocentesca di bellezza indicibile. Insomma, dal punto di vista operistico siamo coperti...» (sorride, ndr).

E da quello pop.

«In realtà a me piace registrare opere e canzoni per lasciare una traccia di quel che sono in quel momento e sono molto meno interessato alla loro data di pubblicazione. Ma sto pensando al nuovo disco di inediti, con calma e anche con autori nuovi. Ma sono un artista rilassato».

Un artista che gli italiani capiscono meglio seguendolo all'estero. Come nel celebre concerto di Central Park a New York davanti a ogni tipo di pubblico, dai politici e manager fino all'uomo della strada.

«Quello fu un concerto tipo Singing in the rain, visto che pioveva».

Arrivando dal pianobar, è pronto a ogni situazione.

«In realtà io canto lirica sin da bambino. A scuola i miei compagni mi emarginavano perché cantavo l'Andrea Chenier, mentre loro seguivano l'ultimo successo pop. Poi all'università non avevo un soldo in tasca e allora decisi di fare pianobar, ma non sapevo a memoria neanche una canzone. Quindi passai una notte a impararne qualcuna giusto per iniziare».

È diventato uno dei tenori più famosi di sempre.

«Il merito non esiste. Esiste il talento o addirittura i talenti. Tutt'al più c'è il demerito di non saperlo sfruttare o di trascurarlo. Io, anche grazie a mia moglie Veronica, ci sto mettendo tutte le mie forze per farlo e per fare del bene».

Come nel progetto The Voices of Haiti.

«Sono l'icona della speranza, il simbolo vivente di un popolo che sta risorgendo dopo una tragedia devastante come il terremoto».

Nonostante sia sempre all'estero, Bocelli segue la situazione italiana?

«Beh, politicamente per fortuna non accade nulla. Se uno analizzasse tecnicamente ci sarebbe da mettersi le mani nei capelli, ma poi va tutto bene lo stesso. Anche ai tempi di Andreotti e Rumor, quando cadevano i governi tutti avevano paura, ma le borse salivano. In sostanza di quella umile Italia fia salute, come si legge nel primo canto dell'Inferno di Dante. Abbiamo qualche santo in Paradiso, anche se siamo un'Italia due velocità».

Ossia?

«C'è chi lavora e paga le tasse - io anche quest'anno otto milioni.... E c'è chi va a traino. Ma ricordiamoci sempre che ogni popolo ha il governo che si merita. Forse, come scriveva Tiziano Terzani, non bisognerebbe fare le rivoluzioni esterne, che sono sanguinose e feroci. Meglio le rivoluzioni interne, dentro di noi stessi».

E Gentiloni?

«Lui va bene perché rimane sottotraccia, non fa la primadonna».

Come Renzi?

«Fare nomi non mi sembra il caso».

Ha cantato per Clinton e Bush alla Casa Bianca.

«L'ultima volta con Bush ero a cena alla Casa Bianca di fianco ai governatori che parlavano di politica. Allora dopo un po' mi sono alzato, sono andato al piano, ho iniziato a cantare canzoni napoletane e, dopo tre minuti, tutti erano di fianco a me».

Di fronte a Trump però ha preferito non esibirsi.

«Dopo l'invito ho ricevuto un attacco di una violenza senza precedenti, Veronica è stata così tanto subissata di insulti che è stata male anche fisicamente. Perciò, di fronte a una reazione così isterica, ho deciso a fatica di non andare».

Perché isterica?

«Perché è un presidente eletto democraticamente e la peggior democrazia è comunque meglio di una dittatura. Credo sia giusto dargli tempo, poi avere ragioni concrete per poterlo discutere in futuro, con tutta l'eventuale severità del caso».

In ogni caso lei non ci è andato.

«Ma ero in difficoltà con me stesso. Così sono andato alla Trump Tower con tutta la famiglia, Virginia esclusa, a spiegare le mie ragioni».

E lui?

«Ha detto che avrei anche solo potuto telefonargli».

Dopodomani lei sarà da Papa Francesco.

«Ha una umanità che deborda, è carismatico ed è coerente con quello che crede.

Magari interessa a pochi, ma è un valore importante».

Commenti