Cultura e Spettacoli

Un viaggio nel deserto attorno a Chernobyl'

A Chernovo "il tempo non esiste". E Dunja è divenuta il paese che abita

Un viaggio nel deserto attorno a Chernobyl'

Alina Bronsky, nata in Russia ed emigrata in Germania, l'avevamo conosciuta nel 2010, quando e/o aveva portato in Italia La vendetta di Sasha, suo libro d'esordio (un best-seller in Germania). Ora Keller pubblica L'ultimo amore di Baba Dunja (traduzione di Scilla Forti). Della Bronsky colpisce il linguaggio secco, scarnificato. Ma la sua asciuttezza è un particolare talento ironico, di un cinismo sornione, più che un reale modo di stare al mondo. Qui a narrare in prima persona la vicenda del romanzo (o della favola fatalistica) è la Baba Dunja del titolo. Dunja era un'infermiera, ma nel 1986, dopo il disastro nucleare di Chernobyl', tutto il villaggio di Chernovo (paese immaginario) è costretto a fuggire. Ha una figlia, Irina, che ora fa il chirurgo in Germania, e una nipote, Laura, che però non ha mai visto, perché la madre l'ha tenuta lontana da quella patria radioattiva. Passati ormai gli 80 anni, è la prima persona che torna a Chernovo, nella sua casa, quando il villaggio è solo un paesaggio desolato. Coltiva verdure, parla con i morti. Scopre che la vita sta tornando a germogliare, che una luce si riaccende anche in quella terra. Ma se ci si limitasse a raccontare la trama del libro non avremmo detto niente della forza che vi si racchiude. L'ultimo amore di Baba Dunja è un libro sulla vecchiaia, e anche, o in ragione di quella stessa vecchiaia, sulla libertà.

A Chernovo, a differenza di tutti gli altri luoghi, «il tempo non esiste». E Dunja, a ben vedere, è divenuta il paese che abita. Anche per lei il tempo non esiste ma non soltanto perché, dopo Chernobyl', tutto è già accaduto (del resto, assistiamo addirittura a un omicidio con relativo processo e incarcerazione di tutti gli abitanti di Chernovo e a un matrimonio che lei stessa celebra). Dunja ha dato alla sua vita una nuova concezione del tempo: ha cominciato a compiere ogni gesto come fosse l'ultimo, o il primo, restituendogli un valore assoluto. Se avesse fede, avrebbe pensato che il suo villaggio fosse un paradiso. Ma credere non è un problema che la preoccupa. Dunja deve ancora imparare l'inglese, per riuscire a leggere la sola lettera che sua nipote le ha spedito.

E noi abbiamo fede che anche questo le riuscirà.

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