Alla fine c'è stato il colpo di coda o il testacoda o la coda del diavolo che ci ha messo lo zampino. Insomma usate il calembour che più fa sorridere ma il vero vincitore degli Oscar 2022 è proprio i segni del cuore - coda (acronimo di «Child of Deaf Adults», figli di persone sorde) che con la sua aurea mediocritas, portatrice sana di inclusività, buoni sentimenti e sogno americano via Parigi (ossia attraverso l'originale La famiglia Bélier del 2014 di cui è il remake) ha stregato l'Academy che l'ha premiato per la miglior sceneggiatura non originale, per il miglior attore non protagonista, Troy Kotsur ma, soprattutto, come miglior film, portando così la piattaforma di streaming Apple TV+ a essere la prima a riuscire nell'impresa con grave scorno per Netflix. A parte l'inedita tripletta centrata, ossia tre candidature e tre premi, è difficile poter accettare il fatto che il secondo film diretto dalla sceneggiatrice e regista statunitense, Sian Heder, sia il migliore dell'anno (peggio, sarà tra i film più dimenticati della storia degli Oscar) quando nella sua categoria erano presenti almeno due capolavori come West Side Story di Spielberg e Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson che è - forse perché semplicemente diretto da un vero regista - il grande rimosso di quest'anno. Perché almeno, il remake del musical classico, ha portato un meritato Oscar all'interprete non protagonista Ariana DeBose. È anche vero che il miglior film è frutto di una stramba votazione dei membri dell'Academy a cui, in questo caso, non viene chiesto di votare un solo candidato ma di fare una classifica dal preferito a quello meno preferito. Ma, cambiando l'ordine dei fattori, il risultato non cambia nel senso che sarà la guerra, sarà il Covid si è sentita nell'aria voglia di pacificazione, di apertura verso le professioniste donne, di buoni sentimenti e CODA incarna perfettamente queste aspettative. In parte anche la favoritissima Jane Campion, con Il potere del cane, rientra in questo discorso anche se, alla fine, un solo premio per un film che aveva 12 nomination non è un successo, anzi proprio il contrario (mentre sono condivisibili i ben 6 Oscar cosiddetti tecnici a Dune di Denis Villeneuve che aveva 10 nomination). Insomma è la raffigurazione plastica che non ci troviamo di fronte a uno dei migliori film di Jane Campion ma, così facendo, l'Academy è riuscita a darle il suo primo Oscar come regista, dopo quello per la sceneggiatura del 1994 per Lezioni di piano e a proseguire il trend al femminile dello scorso anno quando aveva vinto Chloé Zhao regista di Nomadland. Questi sono i messaggi che l'industria statunitense vuole lanciare al mondo. Così come si è andati sul sicuro anche nelle statuette consegnate al miglior attore Will Smith per Una famiglia vincente-King Richard e attrice Jessica Chastain supertruccata in Gli occhi di Tammy Faye nel solco delle interpretazioni più stereotipate e premiate di Hollywood che non giocano mai sulla sottrazione ma, al contrario, sull'eccesso, sulla ridondanza, sul gigionismo per dirla tutta.
Capitolo a parte è l'Oscar per il migliore film internazionale che è andato al film più antihollywoodiano che si potesse immaginare, il lunghissimo e, a tratti, estenuante, seppur registicamente sontuoso, Drive My Car che ha bruciato il nostro È stata la mano di Dio. Ma i successi mondiali, anche calcisticamente, ultimamente non fanno per noi.
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