Prima visione

I greci si riconoscevano negli Dei. E nei romanzi di Rick Riordan sono gli americani a riconoscersi negli Dei dei greci. E americani sono i semidèi, come lo studente dislessico Percy Jackson (Logan Lerman) nel film Percy Jackson & gli Dei dell’Olimpo. Il ladro di fulmini che Chris Columbus ha tratto dal primo libro di Riordan. Boccheggiando, Lerman spera d’esser credibile come ignaro - almeno all’inizio - figlio d’una mortale (Catherine Keener) e di Poseidone (Kevin McKidd). La sua dislessia cela infatti l’innata capacità di leggere la lingua greca! Ma il maggiore problema del nostro liceale è essere nel mirino non dell’Fbi, ma di Zeus (Sean Bean), che l’accusa d'avergli sottratto le saette…
Columbus è regista da grossi incassi, che punti sul comico (Mamma, ho perso l’aereo) o sul magico (suoi i primi due Harry Potter). Uscito negli Stati Uniti un mese fa, Percy Jackson è andato bene. Ma sono decenni che le storielle di liceali statunitensi con problemi familiari e scolastici rendono. È un effetto stimolo-risposta: sono essenzialmente i liceali ad andare al cinema, anche in Italia. Ma quelli americani conoscono gli Dei solo perché alcuni loro nomi (Iupiter, Saturn, Poseidon) sono passati a missili e sottomarini. Ma per gli italiani gli Dei sono un proprio mito, avendo Roma introiettato il politeismo di Atene prima che il politeismo di Gerusalemme: Poseidone è Nettuno, Zeus è Giove, Ade è Plutone (o Dite), Atena è Minerva, Hermes è Mercurio, Artemide/Persefone è Diana/Proserpina.
Eppure, con tutta questa potenza evocativa, il film di Columbus non spaventa, né diverte: ci si annoia.

Si riduce ad alcune trovate: l’Olimpo che si apre sulla verticale di Manhattan e gli Inferi sotto la scritta sulla collina di Hollywood; la terra dei Lotofagi, cioè dell’Oblio, è un casinò di Las Vegas; il Partenone è quello ricostruito a Nashville. Non male anche l’idea di presentare Ade (Steve Coogan) come una vecchia rockstar. Invece Uma Thurman come Medusa e Pierce Brosnan come Chirone il centauro sono sempre sul punto di ridere. Per l’imbarazzo.

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