Vite difficili e drammatiche nei quartieri di Napoli

Maria Lucia Tangorra

«Parla della morte» sono le prime parole di Pietro, auto-inquadrandosi in Selfie di Agostino Ferrente (in sala dal 30 maggio). Questo documentario parla di vita, quella nel Rione Traiano di Napoli, la vita che tutti vorrebbero e la vita spezzata di Davide, colpito durante un inseguimento dal carabiniere che lo ha scambiato per un latitante. Il regista affida uno smartphone ai sedicenni Alessandro e Pietro dando loro libertà totale di ripresa. Raccontano con disarmante sincerità se stessi nella quotidianità, alternandosi a video-diari di altri. «Con lo spaccio si vedono i soldi facili, però prima o poi devi farti la galera. La concorrenza ti uccide, non la polizia»: una lucidità spiazzante, uno dei punti di forza del film. Non ci sono filtri, neanche nelle riflessioni delle ragazze che appaiono consapevoli di un destino (forse) ineluttabile.

Come ne L'infinito di Leopardi, Alessandro chiosa: «quando sono al rione è la stessa cosa, io vedo un muro davanti a me, non posso vedere ciò che c'è dietro, però immagino che dietro ci sono infinite cose. E se un giorno non riuscirò a vedere cosa c'è dietro questo muro, spero che riusciranno a farlo i miei figli».

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