Cultura e Spettacoli

"Wolf Creek 2", incubo splatter on the road

Torna il "macellaio" xenofobo australiano, predatore di giovani turisti. Solita mattanza, orchestrata tra citazioni di classici e inevitabile raccapriccio gratuito

"Wolf Creek 2", incubo splatter on the road

A qualcuno piace splatter. Proprio così. Tra gli estimatori dell'horror ci sono gli amanti di un sottogenere altrimenti detto gore, che sul grande schermo amano assistere ad un tripudio di schizzi di sangue e membra mozzate a mezzo di motoseghe e simili. E' per questo tipo di pubblico che ogni tanto escono titoli come "Wolf Creek", che nel 2005 racimolò trenta milioni di dollari worldwide e di cui ora arriva nelle sale il secondo capitolo. Del film originale il seguito conserva la location, ossia l'Australia del Sud, e il protagonista, il cacciatore di maiali con l'hobby della mattanza di esseri umani. Ispirato a fatti realmente accaduti, in particolare alle efferatezze di un certo Ivan Milat (serial killer in galera da 20 anni per l’omicidio di sette saccopelisti), "Wolf Creek 2" rammenta al pubblico che ogni mese in Australia scompaiono in media 30.000 persone: 9 su 10 vengono ritrovate, mentre di una a si perdono le tracce per sempre. Rutger (Phillipe Klaus) e Katarina (Shannon Ashlyn) sono due fidanzatini tedeschi orgogliosi di aver scelto di viaggiare lontani da percorsi turistici tradizionali. Dopo un'escursione, decidono di passare la notte accampandosi nel parco di Wolf Creek e qui si imbattono in Mick Taylor (John Jarratt), sinistro individuo del luogo, che propone loro un passaggio in città.

L'uomo in realtà li considera degli intrusi nel suo territorio e, dopo aver fatto letteralmente a pezzi il ragazzo, si mette a inseguirne la compagna, la quale, sotto choc, riesce a fermare un'auto con a bordo un giovane studente inglese, Paolo (Ryan Corr), in Australia per un anno sabbatico. Come se si trattasse di una staffetta infernale ora è lui la nuova preda, anche perché Katarina, nel frattempo, non è sopravvissuta. Mick Taylor gli sta addosso prima col suo pickup, poi con un tir e infine addirittura a cavallo, prima di riuscire a condurlo nel suo covo sotterraneo di tortura.

Per gli appassionati del raccapriccio fine a se stesso, è una vera festa: teste spappolate, corpi intrappolati in auto date alle fiamme, smembramenti e qualche bizzarria come, ad esempio, un branco di canguri che attraversa la strada al momento sbagliato o un sadico quiz in cui a ogni risposta sbagliata viene amputato un dito. La trama di base è semplice: la solita caccia implacabile e monotona del gatto col topo. Nonostante ciò, il regista McLean è riuscito a costruire un road movie teso e feroce in cui la violenza gratuita è alleggerita da cenni di humor nero.

Rispetto al primo film, che puntava ad apparire spaventoso, questo sembra scegliere, a tratti, di farsi un'ode alla macellazione che non disdegna frasi da b-movie, costeggiando il ridicolo ma puntando al cult. In generale, comunque, non siamo dalle parti dello splatter duro e puro o del torture porn alla "Saw" perché almeno nella prima metà la pellicola ha un respiro più ampio ed è in grado di omaggiare, a modo suo, classici come lo spielberghiano "Duel" o l'horror "The hitcher", nonché, in alcune inquadrature, celebri vecchi western.

McLean si è inoltre dilettato nel mettere in scena elementi atipici per i film di paura: anziché spazi angusti e scricchiolanti che imprigionano, sceglie enormi paesaggi aperti che rimangono indifferenti alle sorti dei personaggi; piuttosto che mostri legati al soprannaturale o esteticamente riconoscibili, impiega un serial killer della porta accanto, il cui nazionalismo convinto è diventato psicopatia.
Una confezione dignitosa e piena di citazioni per quello che comunque resta un ripetitivo sfoggio di nefandezze truculente. Riservato a chi annovera il genere tra i suoi guilty pleasure.

Commenti