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"X-Men: Dark Phoenix", deludente chiusura per la saga dei mutanti

Un film dall'inizio promettente ma che si adagia su una trama debole e poco coinvolgente, corredandola di effetti digitali insolitamente sciatti

"X-Men: Dark Phoenix", deludente chiusura per la saga dei mutanti

Dopo oltre dieci pellicole in quasi vent'anni (tra serie principale e vari spin-off), arriva a conclusione la saga "X-Men".

Ritroviamo i mutanti di casa Marvel a circa dieci anni dagli eventi di "Apocalypse", finalmente integrati alla popolazione umana e acclamati come fautori di imprese eroiche. Emerge però presto un conflitto interno alla squadra che sconvolge la vita dei suoi membri in maniera irreversibile. Avviene, infatti, che durante un'operazione di salvataggio nello spazio, la telepatica del gruppo, Jean Grey (Sophie Turner), sia colpita da una misteriosa forza cosmica e, una volta a casa, scopra di essere diventata infinitamente più potente ma anche assai instabile. La ragazza ha dentro si sé un'entità fuori controllo che la porta a fare del male anche alle persone care. A questa forza ingovernabile sono interessati degli alieni, capeggiati dalla perfida Lisandra (Jessica Chastain), che desiderano impossessarsene per governare la galassia.

I fatti di questa sinossi sono datati 1992 ma, a dire il vero, il prologo di "Dark Phoenix" è ambientato nel 1975 e ci rivela un episodio fondamentale dell'infanzia di Jean Grey, quello in cui perde i genitori. Adottata dal professor Xavier, entra nella sua scuola per persone "speciali" ma non sospetta che le sia stata taciuta parte della verità sull'accaduto.

Tutto questo domina i primi riusciti venti minuti di un film che poi, invece, delude su tutta la linea. Il problema pare essere l'aver affidato a Simon Kinberg l'intero progetto: dopo aver sceneggiato diversi capitoli della saga, l'uomo debutta qui alla regia ma gestisce male sia il cast sia il ritmo di una pellicola già inficiata dall'esile trama.

"X-men: Dark Phoenix" vorrebbe essere introspettivo e spettacolare, mentre risulta emotivamente spento e con effetti speciali che lasciano davvero a desiderare. Maldestro il tentativo di farne un dramma angosciante perché se è vero che il senso di pericolo è continuo, quello della tragedia è a mala pena scimmiottato: troppo deboli i dialoghi, poco incisivi i toni dark e l'enfasi, infine, è abortita dall'accostamento incerto di personaggi che sono mere presenze. La narrazione, infatti, è incentrata completamente su Jean Grey, nel duplice ruolo di protagonista e di villain: la macchina da presa indugia fin troppo sul volto di quest'eroina tormentata, la cui innocenza è oramai spaesata di fronte a un potere maledetto, mentre a farle da contraltare c'è il femminile algido e feroce di un'aliena in tacchi a spillo per la quale quello stesso potere è desiderato per l'empietà che può derivarne.

Jennifer Lawrence/Raven è al centro dell'unica sorpresa di "X-Men: Dark Phoenix", fa il minimo sindacale e pronuncia la sola battuta che si fa ricordare, vale a dire un assist all'ormai cinematograficamente onnipresente girl-power: "Siamo sempre noi donne a salvare gli uomini. Dovremmo chiamarci X-Women". Come lei, è sottoutilizzato anche Michael Fassbender nei panni di Magneto. Va un po' meglio, invece, a James McAvoy, nel ruolo di Professor X, perché il film esplora il lato oscuro del personaggio, la vanità e l'egocentrismo che mettono a rischio la stessa sopravvivenza degli X-Men.

Doveva essere il gran finale della saga, invece è solo un susseguirsi di scene dai toni seri e dall'azione dozzinale, in cui personaggi altre volte iconici si limitano a coesistere.

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