Zalone ride della crisi: "Sono comico per caso mica faccio il sociologo"

Attesa enorme per il terzo film dell'attore (meno cattivo del solito): "In “Sole a catinelle” sono un padre bugiardo che imita i ricchi"

Zalone ride della crisi: "Sono comico per caso mica faccio il sociologo"

Riecco Checco Zalone: ha una figlia di 8 mesi, Gaia, che vede due giorni a settimana, per quanto è impegnato nella promozione del suo nuovo film e una panzetta che, quando si esibiva sul palco di Zelig, non aveva. Sarà colpa dello stress: da domani il comico barese inonda 1300 sale (distribuisce Medusa) col suo Sole a catinelle, terza commedia che sigla il sodalizio con Gennaro Nunziante, regista di Cado dalle nubi (incasso: 15 milioni) e di Che bella giornata (incasso: 45 milioni), film andati benissimo, per la gioia del fortunato produttore Pietro Valsecchi. Però, adesso, si alza l'asticella: la crisi avanza, il pubblico è più smagato e c'è da fare i conti con un'aspettativa ansiogena. E se il film, un musicarello «on the road» da 8 milioni e rotti, con cartoline dal Molise e dal Veneto, totalizza 20 milioni di euro, grideranno al flop? «Far ridere è difficile. Stavolta siamo partiti dalla crisi: ci piaceva l'idea che il protagonista neppure la avvertisse», dice Luca Medici, come si chiama questo showman laureato in Giurisprudenza e subito asceso al Pantheon degli attori di fascia alta.

Tuttavia, Zalone teme che Sole a catinelle, interpretato e scritto insieme a Nunziante, col quale progetta tutto al telefono, non uguagli i fasti precedenti. «Abito ancora a Capurso, pur avendo comprato una casa a Bari, dov'è Gennaro: parliamo per ore e, spesso si parte da una gag, o da una notizia sul giornale», spiega l'artista. Il quale stavolta assume il ruolo d'un «padre sfigato, bugiardo e più stronzo dei ricchi, che vorrebbe imitare, diventando peggio di loro». Papà Checco vende aspirapolveri, che gli comprano soltanto i parenti e a suo figlio Nicolò incautamente promette una meravigliosa vacanza, se a scuola prenderà una pagella con tutti dieci. Sogno impossibile, se lui non stipula contratti («Voglio essere leadership di me stesso», annuncia per mascherare i suoi fallimenti) e se la moglie Daniela si vede chiudere la fabbrica in cui lavora. È la crisi italiana e ci vorrebbe un super-papà, ed ecco papà Checco, pronto a comprare auto di lusso e oggetti per una perfetta casa domotica, superando le angustie economiche e «facendo scoppiare la propria, privata bolla finanziaria», inseguito dalle finanziarie. Frase cult di questo film quella di Zalone che, una volta entrato nell'ambiente della borghesia illuminata e ricca, da berlusconiano diventa subito di sinistra. Si compra così una t-shirt con tanto foto di Che Guevara, ma non gli basta. «Non avete - dice al gestore del negozio alternativo e chic - anche un borsello con il Che?».

«Mi sono ispirato a Super Robot, però non è un plagio. Quando facevo il comico a Zelig, eseguivo canzoni “alla” Vasco Rossi. Non ho mai trovato la mia personalità musicale, prendevo in giro i personaggi», si schermisce Zalone. Insomma, l'ottimismo è la vitamina che porterà papà Checco e il suo bambino dalla povera zia Ritella, nel Molise spopolato da giovani e bambini. «Nella prima sceneggiatura, il film finiva con la famiglia che si ritrova in Molise: una cosa bucolica, alla Celentano. Nella parte finale, invece, abbiamo messo una fabbrica che riparte, per evitare il buonismo», spiega il comico, entusiasta del borgo molisano di Provvidenti, dove negli Anni Ottanta «sono tutti partiti per il Canada». Né manca, in questo film che vanta 30.000 prenotazioni in sole 24 ore, una strizzata d'occhio all'antiberlusconismo. «Chi è papà Checco? Il tipico prodotto di vent'anni di berlusconismo, ma senza puntargli il dito contro: qui non c'è intento ideologico. Il solo intento è fare soldi», scherza Zalone, che col suo produttore ha fatto una scommessa sull'esito del film. «Questa notte non ho dormito. Si passa dal successo all'insuccesso in un secondo. A 18 anni volevo fare il musico, poi, per caso, m'è partita questa carriera da comico». Meno pungente dei film precedenti, Sole a catinelle mantiene qualche punta di cattiveria urticante.

Come quando il comico stacca la spina alla zia Ritella, malmessa dopo aver ricevuto una bolletta della luce esagerata. «Il tema dell'eutanasia è soggetto di molti film autoriali, mi piaceva prendere in giro quel tipo di pellicola. Il mio, comunque, è un film, non un'analisi sociologica».

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