Casa Montale ha molte stanze segrete. Dentro c'è un mondo e fuori di metafora: carte, pagine e faldoni ancora da aprire, riscoprire, leggere, studiare. Ed ecco che l'Università di Pavia - in occasione dei cinquanta splendidi e attivissimi anni del Centro manoscritti creato da Maria Corti, cassaforte della cultura italiana del Novecento - ieri e oggi ha accolto un grande convegno, con tutti i massimi esperti del poeta di Ossi di seppia, a partire da Stefano Verdino e Franco Contorbia, dedicato a Le carte segrete di Eugenio Montale negli archivi italiani. Archivi pubblici e privati, fra i quali ultimi si distingue, non perché sia sconosciuto ma perché finora meno scandagliato, quello di Giorgio Zampa (1921-2008), illustre, custodito da Alda Minocchi a San Severino Marche, la sua città: lì ci sono libri, fotografie, lettere, manoscritti e dattiloscritti, e ancora bisogna capire quanti e quali inediti.
Eugenio Montale, Giorgio Zampa... Storia di un'amicizia e di una collaborazione lunga quarant'anni e decine di libri. Il primo arriverà al Nobel, il secondo a curare le sue opere complete: due Meridiani su tre - le poesie e gli scritti giornalistici - escono sotto la giurisdizione di Zampa tra gli anni '80 e '90. I due si erano conosciuti a fine anni Trenta, a Firenze, dove Zampa era arrivato per studiare all'Università, e Montale - tavolino fisso alle «Giubbe Rosse» - lavorava e scriveva già da dieci anni. Lo studente non aveva neppure 18 anni, il poeta già tre raccolte in bibliografia. «Da allora molte scelte di Zampa saranno influenzate per tutta la vita da Montale, e per tutta la vita saranno molto legati, al di là della poesia: fu Montale ad aprire le porte dei giornali a Zampa, a Milano, dove si vedevano in via Bigli, e fu Zampa, così mi disse, a occuparsi dei funerali dell'amico, nell'81», ricorda Alda Minocchi.
In realtà Montale conosce bene fin dagli anni di guerra anche la madre di Zampa, la quale in tempi difficili gli fa avere uova, latte, i prodotti della campagna... Le due famiglie sono vicine. C'è una dedica in cui il grande scrittore ricorda e ringrazia per essere stato «sfamato» durante la guerra. E appena finita, i due lavorano già insieme: tra il '45 e il '46 Montale è uno dei condirettori della rivista Il Mondo di Alessandro Bonsanti, e Zampa è segretario di redazione. E la seconda edizione di Finisterre, che esce a Firenze nel '45, è a cura del giovane Giorgio. «Montale, che è già nella piena maturità, ma molto democratico, aperto ai consigli e alle collaborazioni, non ha alcun problema a farsi aiutare da un ragazzo di 24 anni», ricorda Franco Contorbia, tra i protagonista del convegno di Pavia. «E col tempo Zampa diventerà il curatore, a volte senza neppure apparire, di tanti libri di Montale, di poesia e soprattutto di prose». E nella sua San Severino Marche, nel 1966, Zampa fa stampare la prima edizione degli Xenia, scegliendo la tipografia cittadina dei fratelli Bellabarba.
Per il resto, al di là della grande amicizia tra i due intellettuali, resta da ricordare - ecco un altro obiettivo del convegno di Pavia - la figura e l'opera di Giorgio Zampa, oggi molto sottotraccia. Eppure, oltre alla carriera universitaria (a lungo insegnò Lingua e cultura tedesca alla facoltà di Scienze politiche dell'Università di Firenze) e oltre agli scritti critici su Montale (che andrebbero raccolti in volume...) c'è tutto il suo lavoro giornalistico.
Negli anni '50-60 scrisse sul Corriere della Sera, poi sul Giorno, e nel 1974 fu tra fondatori del Giornale - accanto a Montanelli fin dall'inizio - per il quale firmava pezzi di critica, commenti elzeviri.Il suo, tutto da riscoprire, secondo mestiere.
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