Zilli e Bosso: il nostro tributo alle grandi voci

Zilli e Bosso: il nostro tributo alle grandi voci

Tutto nasce dal loro (splendido) duetto al Festival di Sanremo dello scorso anno, poi bissato da un'esibizione allo show di Panariello. Così, due artisti dai virtuosi giochi armonici come Nina Zilli e il trombettista Fabrizio Bosso hanno costruito il loro sodalizio, che oggi si amplia e rinnova con la tournée We Love You Jazz'n Soul, in partenza il 21 giugno dalla Reggia di Venaria a Torino e in giro per l'Italia fino a fine agosto (con un'appendice in ottobre). «Abbiamo fatto un'anteprima a Napoli - racconta Bosso - cui hanno assistito più di mille persone. Avrebbe dovuto essere un concerto singolo, dedicato a Amy Winehouse, ma abbiamo deciso di allargarci creando una specie di tributo ai grandi del soul e del jazz». «Sto scrivendo il mio nuovo disco e di solito quando compongo non prendo impegni, ma quando Fabrizio mi ha fatto questa proposta mi sono buttata al volo», ribatte la Zilli.
Insomma per la strana coppia un'estate per riarrangiare con swing garbato e vibrante, con le mille sfumature delle ballad, i classici della Winehouse, di Nina Simone, Etta James, Otis Redding, Billie Holiday e alcuni brani famosi della Zilli. «Non sarà il solito concerto pop - puntualizza Bosso - ogni pezzo è costruito su una struttura bluesy in modo che sia rispettato il tema cantato con l'aggiunta di un mio assolo di tromba o di quello degli altri membri della band». Ma «ci saranno tutte le sfumature della black music, dal suono di New Orleans a quello di Bo Diddley», assicura Nina Zilli che non vede l'ora di far rivivere sul palco i suoi miti. «In primis Nina Simone, da cui ho preso il nome d'arte (benché Nina Simone sia anch'esso un nome d'arte ispirato da Simone Signoret n.d.r.). Una grande donna, che da femmina nera in un mondo di maschi bianchi si è battuta per se stessa e per tutte le donne contro ogni ingiustizia sociale. Suonava il piano come Mozart e ne ha passate di tutti i colori nella sua vita; quando siamo depressi dovremmo pensare a lei». Poi naturalmente c'è Amy Winehouse. «Voglio celebrarla perché è morta male. Non si era più nel '68 dei belli e maledetti, Amy l'hanno lasciata andare, perché forse valeva più da morta che da viva. È stata cannibalizzata dai media e dai suoi familiari. La ricordo sia attraverso brani come Love Is a Losing Game, sia attraverso classici come Body and Soul che lei fece in duetto con Tony Bennett, sia attraverso le sue versioni di brani delle Shirelles o di Sam Cooke».
O ancora nel suo cuore c'è Billie Holiday («la cantante più emozionante che io abbia mai ascoltato») o Otis Redding di cui Nina dice: «Otis mi ha fatto riflettere sulla centralità delle canzoni rispetto agli interpreti. Lui è un mito ma spesso, quando chiedo ai più giovani: “Sapete chi è Otis Redding?” mi risponde un coro di no. Poi, quando intono Sittin' On the Dock of the Bay, la cantano tutti insieme a me. Questa è la potenza della musica». Così, tra passione, mestiere e fantasia, i due hanno messo insieme un repertorio eterogeneo ma unito dal collante ideologico della musica nera. «Per interpretare una canzone la dobbiamo sentire - dicono entrambi - e vivere, in questo modo riusciamo a personalizzarla». Così Bosso è riuscito a inserire nella scaletta alcuni pezzi della Zilli «come 50mila baci, che abbiamo ricostruito su un coinvolgente ritmo afroblues», spiega il trombettista.
Un progetto bello e intenso che riscuoterà parecchio successo, ma i puristi che ne penseranno? «Non me ne preoccupo - taglia corto Bosso - la mia matrice è il jazz che declino in duo, quartetto, quintetto, ma sento il bisogno di essere stimolato da altri generi.

Spesso se lavori molto ti criticano a priori. Io vado avanti per la mia strada». E la Zilli rincara: «il jazz è la massima espressione di libertà in musica, ma spesso sono i suoi stessi ascoltatori a ghettizzarlo anziché diffonderlo, come cerchiamo di fare noi».

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