La formula del benzene è C6H6, che sta per sei atomi di carbonio congiunti ad altrettanti atomi di idrogeno. La forma con cui si raffigura il benzene è bellissima. Un anello esagonale. Ma che c'entra il benzene con il più grande scrittore americano vivente? Per capirlo bisogna andare al Santa Fe Institute. L'istituto universitario è nato nel 1984: lì alcuni aureolati superprof si occupano di neuroscienze, di fisica nucleare, di teoria del caos. Da anni, il Santa Fe Institute ospita Cormac McCarthy (nato a Providence, nel 1933), il romanziere che l'anno in cui nasce quel bunker accademico di prestigio pubblica il libro più importante della narrativa recente, Meridiano di sangue, un western dalla potenza salvifica, greve di violenza.
Cormac McCarthy quest'anno fa 84 anni e al giornalista del Newyorker che gli ha chiesto cosa ci fa lui, l'erede di William Faulkner, in un covo di scienziati, ha risposto, laconico, «I romanzi che si leggono oggi per me sono illeggibili». McCarthy non è uno snob. McCarthy preferisce la formula del benzene al Nobel per la Letteratura, che non otterrà mai perché è troppo bravo, non maneggia calici di champagne nei club dei letterati ed è pure un po' bastardo. McCarthy, d'altra parte, ha rischiato tutto per la letteratura: c'è stato un tempo in cui non aveva i soldi neppure per comprarsi il dentifricio. Eppure, niente. A testa bassa, fottendosene del mondo e del mercato editoriale, dettando l'ennesimo capolavoro a quell'epoca, nel pieno dei Settanta, per la precisione, era Suttree - McCarthy è uno che scrive libri biblici e assoluti. In media, un libro ogni cinque o sei anni. Ormai, però, è da dieci anni che aspettiamo un romanzo da McCarthy. Da quel nitido gioiello del 2006, La strada, McCarthy sta zitto, ha messo la Olivetti in siesta. Nel 2013 è uscito con la sceneggiatura di The Counselor, su cui Ridley Scott ha dettato un film non all'altezza.
Ma oggi, sulla rivista di divulgazione scientifica Nautilus, il più grande scrittore americano vivente pubblica il suo primo saggio, The Kekulé Problem, dal sottotitolo luminescente: «Da dove viene il linguaggio?». McCarthy parte dalla devota storiella che racconta la scoperta della struttura del benzene. Il chimico di Darmstadt Friedrich August Kekulé von Stradonitz, narrò di essersi addormentato davanti al camino, nel bel mezzo dei suoi studi. Nel sonno, sognò un serpente che si mordeva la coda. Al risveglio, realizzò l'arcano: eureka, la struttura del benzene è un perfetto anello esagonale. La favola (dai precedenti letterari: il sogno allucinato di Coleridge mentre scrive il poemetto mistico ed epocale Kubla Khan), e che pare un appendice del Signore degli Anelli o un vicolo della Storia infinita, in realtà, è una balla. Kekulé espone la sua scoperta scientifica nel 1865 e racconta il sogno, per pepare di pathos l'accademia, nel 1890. Tuttavia, a McCarthy la storia serve per analizzare i rapporti tra l'inconscio e il linguaggio; per capire perché l'inconscio domini la facoltà fantastica degli esseri animati e perfino il loro destino; per ragionare sul «mistero opaco per non dire del tutto oscuro» dei processi linguistici. McCarthy, che risale alle pitture parietali degli uomini dei primordi, si chiede perché l'inconscio ci parli attraverso i sogni e non tramite i verbi, il vocabolario, le parole. Come una specie di Goethe, animato da una curiosità cannibale e onnisciente, McCarthy esplora le ragioni per cui la verità si mostra fugacemente, nell'altro mondo del sonno, tramite immagini enigmatiche. Di fatto, McCarthy, inabissandosi nell'«invenzione del linguaggio» che esiste perché «il problema era che c'erano troppe cose da nominare rispetto ai suoni che le nominavano» cerca di scoprire le origini ancestrali delle sue ossessioni, delle ossessioni ricorrenti nella sua scrittura.
Il saggio accademico di questo esordiente pluriottantenne che si firma con umiltà «senior fellow del Santa Fe Institute» pieno di immagini cangianti (esempio: il linguaggio «ha attraversato montagne e oceani come se non esistessero»), non cambierà la storia della linguistica, ma dimostra che i grandi scrittori americani sono più interessati all'evoluzione della scienza che alla classifica dei libri. Soprattutto, il saggio, che termina sulla vetta dell'interrogativo, sembra un magistrale gioco retorico.
Pare redatto, con compulsiva lucidità, dal Giudice Holden, il demoniaco protagonista di Meridiano di sangue, il feroce, sapiente giustiziere che cataloga con scienza il creato perché «Qualunque cosa esista nella creazione senza che io la conosca esiste senza il mio consenso». Insomma, McCarthy è ancora, pure con gli scarti, anche quando usa il benzene per discettare di inconscio, il più grande romanziere vivente.
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