Antonio Signorini
da Roma
Non rinuncerà a dire la sua, nemmeno quando si tratterà di sostenere tesi che fino ad oggi non erano mai entrate a via XX settembre. Come la teoria della «decrescita» economica. Però il verde Paolo Cento è disposto ad «apprendere» da Tommaso Padoa Schioppa, responsabile del ministero dell’Economia, al quale è stato assegnato come sottosegretario. Assicura disciplina e «umiltà». Arriva persino, nella nuova versione in doppiopetto, a bacchettare i colleghi ministri che parlano di manovra prima di avere sentito il dicastero competente. Il suo.
Anche lei, come Bersani, pensa che non sia da escludere una correzione dei conti?
«Io credo che prima di parlare di manovra si debba dare tempo al ministro di fare l’esame dei conti. L’obiettivo è di farlo entro 10-15 giorni. Bisognerebbe avere la pazienza di attendere prima di fare annunci o proclami».
Ma se si dovesse rendere necessaria, cosa dirà?
«Io sono per le manovre ordinarie. Però una scelta del genere riguarda la politica complessiva del governo e del ministero».
Lei è uno degli esponenti più radicali dell’Unione. Come è finito nel dicastero più delicato? È un dispetto di Prodi?
«È la scommessa che abbiamo accettato: coniugare il cambiamento con le ragioni del bilancio».
Cento è diventato rigorista?
«Noi siamo per il rigore. Ma come ecologisti ci poniamo il problema di unire le ragioni dell’economia con quelle dell’ambiente».
Veramente fino a due giorni fa abbiamo letto che il suo modello di economia è la decrescita...
«Io ho enunciato dei temi che fanno parte del dibattito globale, come il rapporto tra sviluppo e crescita, tra sviluppo e decrescita. È una discussione teorica».
Ne parlerà con il ministro?
«Ne discuterò e parlerò anche degli effetti più pratici come lo sviluppo basato sulla qualità».
Ma se lei fosse stato il ministro, avrebbe impostato la sua azione di governo sulla decrescita?
«Io non mi metto nei panni del ministro. Darò il mio contributo senza alcuna presunzione. Sono in grado di capire e abbastanza umile da apprendere da chi è portatore di un’altra cultura. Sono sicuro che il rapporto con Padoa Schioppa possa arricchire la mia formazione. Io posso portare un’interpretazione del rigore come austerità e valore ambientale».
Proporrà la patrimoniale?
«Prima di pronunciarsi su queste cose sono necessarie una riflessione collegiale e una proposta del ministero dell’Economia. Inutile che ognuno lanci la propria proposta. Comunque, quando ci sarà da fare una riflessione, non mi esimerò dal dire la mia».
È difficile immaginarla così pacato anche quando si tratterà di discutere di Ponte o di Tav...
«Le mie opionioni sono chiare. E sul Ponte c’è un posizione univoca nel centrosinistra nel non considerarlo un’opera prioritaria».
Sembra però che il ministero dello Sviluppo e quello degli Affari regionali abbiano deciso di andare con il pugno di ferro contro quelle regioni che bloccano le centrali e i rigassificatori...
«Rispetto al precedente governo dobbiamo avere un altro metodo. Le opere pubbliche non possono essere imposte, ma concordate a livello locale. Questo è un punto di metodo che diventa anche sostanza. Non servono i manganelli come in Val di Susa».
È vero che avrà la delega sul patrimonio dello Stato?
«Non lo so. Attendo serenamente le decisioni del ministro, senza fretta. Credo sia più saggio capire prima il luogo dove si è capitati».
Continuerebbe con le dismissioni per ridurre il debito?
«È evidente che garantiremo continuità rispetto alle decisioni già prese. La mia preoccupazione è quella di introdurre una maggiore tutela dei soggetti più deboli».
Il precedente governo ingaggiò un braccio di ferro sugli immobili della Difesa.
«C’erano centinaia di famiglie di militari che dall’oggi al domani hanno visto la propria abitazione a rischio. Una parte del patrimonio della difesa è da cedere, ma vanno tutelati i diritti acquisiti delle famiglie che abitano in quegli edifici».
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