Lo spietato referendum casa-lavoro

È stato un po’ da ca­rogne contrapporre la casa ai figli. Iprofessori non possono mettere in alternativa le due cose più care degli italiani

Lo spietato referendum casa-lavoro

Beh, diciamolo, è stato un po’ da ca­rogne contrapporre la casa ai figli. Lo dico ai professori, in testa la Fornero. Non potete mettere in alternativa le due cose più care degli italiani; e quan­do dico casa non dico solo patrimonio immobiliare, dico sicurezza per la vita, eredità per i figli, cuore della famiglia. E quando dico figli, si sa, dico piezz’e core, bell’e mammà.

C’è una scellerata campagna contro la casa, tartassata, minacciata, vilipe­sa; non dimenticate che abbiamo attra­versato le tempeste anche perché a dif­ferenza di altri popoli abbiamo un be­ne reale, la casa. La nostra economia concreta, non solo finanziaria, è un va­lore reale e se permettete anche etico, anche se per voi l’etica si sposa alla fi­nanza e non alla casa. Ma quello è il luo­g­o primario dei legami più forti e più ve­ri, della continuità tra passato, presen­te e futuro, il luogo in cui siamo vera­mente noi, con tutti i difetti.

Pensate piuttosto a quanti non si sposano e non figliano perché non hanno casa; e sapete quanto incide sul­la tenuta dell’Italia il non sposarsi e non figliare. Certo, è giusto investire sull’istruzione dei figli, magari rinun­ciando a un’auto, una vacanza, a roba firmata, mobilia inclusa (e voi istituite più borse di studio). Ma la casa lascia­tela stare, che la sua vendita sia extre­ma ratio.

Dite di pensare al

futuro dei giovani ma in questo modo istigate solo a sven­dere i beni- rifugio dell’avvenire per pa­gare i tagli e i costi del presente.

Sappiate che costretti a scegliere tra l’euro e la casa, gli italiani scelgono la casa.

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