Roma Nessuno vuole sentire parlare di ribaltoni né di innesti centristi nel governo. La stagione del disgelo tra Pdl e Udc è iniziata, ma su un terreno diverso rispetto alle poltrone ministeriali e agli strapuntini dei sottosegretari. Il restyling è a buon punto ed è già possibile capire quale potrebbe essere il punto di incontro tra i due ex nemici: la crisi e le ricette per mettere lItalia al riparo dalla speculazione finanziaria. Il terreno dellinteresse nazionale e di una condotta politica che è oggettivamente responsabile, ma che allo stato solo lUdc può permettersi. Una linea che il partito di Pier Ferdinando Casini può praticare senza problemi, anche perché compatibile con quella della «opposizione repubblicana», che predica e pratica dallinizio della legislatura.
I segnali ci sono tutti. A partire dalle smentite che confermano, come quella dello stesso Casini, che ha detto no a una cosa «vecchia», come lingresso in corsa dellUdc nella maggioranza (daltro canto, nota un autorevole esponente del Pdl, una cosa del genere non la vorrebbe nemmeno Berlusconi), ma poi auspica «una fase nuova» in cui il governo faccia «un grande appello allopposizione, perché o remiamo tutti nella stessa direzione o la barca del Paese rischia di andare a fondo». Facile capire che un appello del genere lo raccoglierebbe solo lUdc. Il Pd - nonostante alcuni ex dc approdati alla sinistra negli ultimi giorni abbiano cercato di smarcarsi - rimane condizionato dalla concorrenza di Italia dei valori e non potrà aderire alle ricette anticrisi del governo nemmeno se le dovesse condividere in toto.
Lorenzo Cesa ieri lha messa così, replicando al niet di Umberto Bossi: «Stia pure tranquillo, non lo vogliamo certo insidiare. La linea dellUdc è molto chiara: nessun ingresso in questo governo», ma appoggio «responsabile» ai «provvedimenti utili ai cittadini». Rocco Buttiglione è andato oltre, parlando di un governo Berlusconi-Casini-Bersani, che potrebbe essere guidato proprio dal premier in carica. E anche la proposta del presidente dellUdc è di quelle che il Pd non potrà mai accettare. Lidea di un governo di «salute pubblica» Casini laveva lanciata per primo. Poi sono arrivate le imitazioni, come lappello di un esecutivo di «emergenza» lanciato dalla sinistra Pd. Formule simili per descrivere scenari politici opposti, dove il discrimine rimane quello degli ultimi 15 anni: con Berlusconi o senza Berlusconi. Ai centristi adesso va bene anche la prima ricetta. Difficile capire se la marcia di riavvicinamento sfocerà in qualcosa di concreto.
La linea dellautonomia da tutti non è ancora tramontata. «La politica dei due forni - osservava ieri un esponente del Pdl - non è finita. Solo che ora i due forni dellUdc sono: da soli al centro o con Berlusconi. E non è una cosa da poco». Significa che ormai nessuno nellUdc conta più sul Pd. A partire da Casini che ieri ha messo in evidenza le debolezze del centrosinistra parlando delluccisione dei due soldati italiani in Afghanistan. «Oggi cè chi cerca di cavalcare una facile popolarità e chi cerca di essere classe dirigente: noi abbiamo deciso per questa seconda opzione». Dichiarazione forte contro Italia dei Valori, ma che potrebbe essere applicata tranquillamente anche al Pd, che sullaccaduto ha tenuto una linea vaga (solidarietà ai soldati, ma «riflettere» sulle missioni).
Tra i segnali che testimoniano la marcia di riavvicinamento, anche quelli interni al Pdl, dove la componente ex Udc è in subbuglio.
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