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30 anni fa l'ultima partita di Maradona con il Napoli

La Sampdoria scucì lo scudetto a Maradona e compagni

30 anni fa l'ultima partita di Maradona con il Napoli

Aveva la maglietta rossa, pantaloncini azzurri e calzettoni bianchi. Una maglia insolita per un’epoca in cui il calcio aveva solo due divise, una per le partite in casa e una per quelle in trasferta (di solito bianca per quasi tutte le squadre). Al Marassi di Genova il Napoli era sceso in campo così. Con lo scudetto sul petto vinto in un’incredibile cavalcata nella stagione dei Mondiali italiani, 1989-1990. Quelli delle notti magiche del bomber Salvatore Schillaci e delle lacrime di Diego Maradona che stava per trascinare l’Argentina al clamoroso bis della vittoria del 1986 (e non fosse stato per il rigore che decise la finalissima contro la Germania, chissà, forse ci sarebbe riuscito). Era domenica 24 marzo 1991. Trent’anni fa. Nessuno di noi lo sapeva, ma quella sarebbe stata l’ultima volta di Diego Armando Maradona in campo con la maglia del Napoli. Un capitano col cuore in tempesta per quanto accaduto una settimana prima. “So di aver fatto del male prima di tutto a me stesso e quindi alla mia famiglia, alle mie figlie. Non ho fatto male a nessuno, salvo a me stesso e ai miei cari. Confesso la mia fragilità, anche se la mia presunzione e il mio orgoglio mi facevano apparire diverso. Ho cercato una stupida fuga dalla realtà. Ma chi poteva darmi una mano non me l'ha voluta dare quando potevo salvarmi”: con queste parole dette al giornalista Gianni Minà, Maradona ricostruirà anni dopo quei giorni mesti e lunari. 17 marzo 1991, stadio San Paolo di Napoli. Si gioca Napoli-Bari, i biancazzurri vincono 1 a 0 con gol di Gianfranco Zola. L’ultima casalinga del Pibe de oro è invece scialba, come un presagio della tempesta. Dopo la partita infatti Maradona viene accompagnato nella sala del controllo antidoping allestita nel ventre dello stadio di Napoli. Nelle sue urine vengono riscontrate tracce di cocaina. Il 29 marzo 1991 (il risultato delle analisi arriva dodici giorni dopo la partita Napoli-Bari) viene certificato così un segreto di Pulcinella, una dipendenza che a Napoli era notizia di dominio pubblico.

“Pensa che giocatore sarei potuto essere se non avessi preso la cocaina. Che giocatore che abbiamo perso!” dirà Diego nel 2008 al regista Emir Kusturica per il documentario sulla sua vita. Ci fu chi adombrò i sospetti di un complotto contro Maradona per vendicare l’eliminazione dell’Italia proprio per mano argentina nella semifinale mondiale di Napoli il 3 luglio 1990. Certo fu il prequel di una scena drammatica che si sarebbe ripetuta il 25 giugno 1994 ai Mondiali USA dopo la vittoria dell’Argentina contro la Nigeria. Maradona fu cacciato dal quel palcoscenico perché positivo all’efedrina, un alcaloide simile alle anfetamine. Ma l’ombra dei sospetti di complotto dei poteri costituiti del sistema calcio mondiale non fu mai dissipata. Torniamo al 24 marzo 1991. Il Napoli che scende in campo a Marassi ha lo scudetto sulle maglie, ma in campionato è in crisi piena. Il suo condottiero è l’ombra di se stesso, a inizio stagione ha chiesto invano al presidente Corrado Ferlaino di essere ceduto. L’ultima gioia vera per i tifosi biancazzurri è stata la travolgente “manita” inflitta alla Juventus nella finale di Supercoppa italiana: un 5-1 strabiliante datato 1 settembre 1990. Per il resto un triste viale del tramonto, la consapevolezza della fine di un ciclo vincente straordinario, coronato da due scudetti (1986-1987 e 1989-1990), una Coppa Uefa (1988-1989) e la Coppa Italia (1986-1987). Quel 24 marzo 1991 a Genova c’è troppa Sampdoria per quel Napoli, finisce 4 a 1. Segnano Cerezo, due volte Vialli e chiude Lombardo, i blucerchiati vinceranno il campionato a mani basse. A circa 20 minuti dalla fine Maradona ritrova la scintilla dei tempi migliori. Diego già al 4° minuto del secondo tempo era riuscito a liberarsi della marcatura asfissiante di Pietro Vierchowod e a dare un assist di testa a Francini per il gol del 2 a 1, ma l’arbitro Alfredo Trentalange aveva annullato. Poi al 75° rigore per il Napoli, fallo di Mannini su Zola. Diego el Diez va sul dischetto e spiazza il portiere Gianluca Pagliuca. Ma è come se Trentalange volesse rivedere il rigore del campione, volesse fermare quell’attimo nell’eternità, e lo fa ripetere. Maradona non cambia angolo, alla sua destra, forte e a mezz’altezza. Stavolta Pagliuca intuisce la direzione ma non riesce ad arrivare sul pallone. È l’ultimo gol di Maradona con la maglia del Napoli. I blucerchiati devono essere nel destino di quel Napoli e del suo re. Infatti Diego ha gonfiato la rete del San Paolo, il tempio casalingo del suo culto, per l’ultima volta proprio contro la Sampdoria, il 12 marzo 1991, semifinale di andata di Coppa Italia. Un gol di testa a infilzare Pagliuca sul palo lungo. Tornando a Marassi, un minuto dopo il gol su rigore, siamo al 76° minuto, Maradona s’invola verso la porta doriana, dribbla Pagliuca e con un preciso diagonale manda a vuoto i tentativi di recupero in extremis sulla linea di due terzini blucerchiati. Sarebbe il 3 a 2, ma Trentalange annulla il gol per fuorigioco iniziale del capitano. Nella notte tra l’1 e il 2 aprile 1991 Maradona lascia Napoli, tornerà sul Golfo solo il 9 giugno 2005 per la partita d’addio al calcio di Ciro Ferrara. Il 6 aprile 1991 la commissione disciplinare della Lega Calcio sospende Maradona per 15 mesi, cioè fino al 30 giugno 1992. Ma ormai la storia italiana e napoletana del Diego calciatore è finita.

Immaginate l’ultima volta che avete giocato a cavalluccio con il vostro papà, l’ultima volta che siete stati al circo mangiando zucchero filato, l’ultima partita a pallone per strada con gli amichetti di sempre, l’ultimo giro sulle giostre della festa, l’ultima Vigilia in attesa di Babbo Natale. Ecco: quel giorno di 30 anni fa, quel 24 marzo 1991, quell’ultima di Maradona con la maglia del Napoli suscita tutto questo. La fine della spensieratezza e di un’infanzia collettiva, la morte del cigno, la fine di una storia indimenticabile e irripetibile cominciata il 5 luglio 1984 con lo sbarco di un ragazzo con la testa piena di riccioli neri che si mise a palleggiare a centrocampo mandando in visibilio migliaia di napoletani. Quelle maglie rosse restano legate a pagine tristi, da viale del tramonto. Ma Diego Armando Maradona non sarebbe mai più uscito dai cuori napoletani. Quel giorno a Genova i tifosi biancazzurri lo tifarono e lo sostennero come sempre. Ma forse con gli occhi un po’ inumiditi per la consapevolezza di una stagione al termine.

Ma non avrebbero mai immaginato che il loro re non avrebbe più indossato quella maglia che aveva portato a trionfi impensabili contro il potere costituito del sistema calcio.

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