Addio all'altro Mazzola schiacciato tra i miti e le denunce scomode

E' morto di maggio. Come suo padre Valentino. Mazzola II, di nome Ferruccio, ha concluso la sua vita aspra a sessantotto anni. Quel cognome se l'è portato addosso e appresso da quel giorno tremendo, il quattro di maggio del Quarantanove, quando il Torino, il Grande Torino, finì la propria storia sull'aereo che andò a schiantarsi contro la basilica di Superga. Incominciò la leggenda, malinconica, Valentino Mazzola lasciava un popolo di tifosi, una moglie, due figli, Alessandro, detto Sandrino e Ferruccio. Entrambi avrebbero ripercorso la strada del padre, il football, l'odore di olio canforato nello spogliatoio, il dribbling, il gol, l'urlo della folla, il tramonto. Ferruccio Mazzola, detto Mazzola II, giocava con i ragazzi dell'Inter e venne a Torino nell'aprile del Sessantadue a disputare il Trofeo Martini, sul campo del Cenisia calcio, in via Frejus. Il torneo giovanile era, per importanza, il terzo d'Italia, Ferruccio fu l'attrazione di quei giorni di aprile, a Torino la nostalgia di Mazzola era, ed è, come una candela che non si spegne mai. Ero, insieme ad altri sbarbati, il raccattapalle di quel torneo, per i pulcini del Nagc era un premio stare in quei centimetri. Ferruccio aveva diciassette anni, segnò un gol al Torino, il torneo venne vinto dalla Sampdoria che schierava Salvi e Francesco Morini, nella squadra del Cenisia il migliore era l'ala sinistra Lajolo, Guido, poi eccellente cronista del Corriere della Sera.
Ferruccio sembrava destinato a una carriera di luce ma suo fratello Sandro correva di più, aveva talento e doti superiori, non tanto nel fisico, gracile come quello di Ferruccio a differenza di Valentino, un toro come la squadra sua. Quando il Torino perse Gigi Meroni l'Inter pensò di offrire al club granata Ferruccio come conforto, in cambio di 120 milioni ma il trasferimento non fu possibile per problemi di regolamento. L'almanacco riferisce le squadre di Mazzola II, Inter, Marzotto Valdagno, Venezia, Lecco, Lazio, Fiorentina, Sant'Angelo, Edmonton Drillers (Canada), non grandi cose prima di provare l'avventura di allenatore con una promozione in C1 con il Siena e altre esperienze sparse e confuse.
Confuse, secondo una corrente di pensiero di parte, sono state le memorie di Ferruccio scritte con la collaborazione di Calzia nel libro Il Terzo Incomodo, opera scomodissima con accuse feroci alla farmacia dello spogliatoio della grande Inter di Herrera, della Fiorentina di Mazzone, della Lazio e della Roma. Il libro, uscito nel Duemilaquattro provocò i fumi dell'Inter, Giacinto Facchetti, all'epoca presidente in vece di Moratti Massimo dopo l'allontanamento di Mazzola I, portò in tribunale, per diffamazione, Mazzola II chiedendo un milione e mezzo di risarcimento per danni morali e di immagine. La causa è stata persa, respinta la richiesta e, al contrario, l'Inter è stata chiamata a pagare diecimila euro per spese processuali e onorari legali. Spese pagate in ritardo, al punto che gli avvocati di Mazzola II chiesero il pignoramento dell'incasso di una partita di campionato dei nerazzurri. La denuncia di Ferruccio era gravissima, scriveva delle pasticche bianche distribuite dal mago Helenio alle riserve, come cavie, e poi mescolate con il caffè, definito quindi il caffè Herrera; scrive delle morti, per tumore, dei calciatori dell'Inter, della Fiorentina, della Roma, gas velenosi che il mondo del calcio ha provveduto a respingere, non affrontando a fondo il problema ma isolando i testimoni, Mazzola II come Petrini.
Aveva scelto Roma come sua città e si era dedicato anche al recupero di adolescenti in disagio sociale coinvolgendoli nell'attività calcistica. Poi la malattia e la fine di Ferruccio che arriva quasi silenziosa, per qualcuno come una liberazione da un intimo tormento.


Oggi a San Siro si gioca Inter-Lazio. Sembra il destino. La storia di Ferruccio Mazzola si è chiusa prima del fischio d'inizio della sua partita. Spero che si provveda a un minuto di silenzio. Un silenzio non su tutto.

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