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Addio Favini, il talent-scout che ha fatto ricca Bergamo

Da Tacchinardi a Pazzini, Montolivo, Bonaventura quanti big cresciuti sotto le cure di «papà» Mino

Ariel Feltri

Bergamo L'altra faccia del fenomeno Atalanta. Una notte di euforia e un risveglio di tristezza, perché dopo il trionfo di Napoli è arrivata la notizia della scomparsa di Mino Favini, che nel mondo nerazzurro era praticamente un'istituzione.

Davanti a lui sono passati futuri campioni e modesti gregari, tutti ricevendo manciate di saggezza e utili consigli, indispensabili nella vita più di stop e dribbling. Perciò Mino Favini era amato da tutti i ragazzi che hanno calcato i campi del centro di Zingonia. Con modi gentili, senza mai alzare i toni di voce, comandava con polso fermo e idee chiare collaboratori, tecnici e giocatori. Soprattutto aveva un occhio infallibile nell'individuare i talenti in erba, moltissimi, che sotto la sua guida sono stati lanciati dall'Atalanta negli oltre 20 anni passati da numero uno del vivaio atalantino.

Conosceva bene la società nerazzurra, Favini, quando venne chiamato, erano i primi anni 90, a dirigere il settore giovanile, già allora ai primi posti nel contesto nazionale dopo le gestioni del dottor Giuseppe Brolis prima e di Pierluigi Pizzaballa, poi. Una conoscenza fatta nei primi anni '60 da giocatore, mezzala dal tocco pulito e buona visione di gioco, accanto a campioni come Gustavsson, Maschio, Domenghini, Cometti, Nodari, Pesenti, Roncoli, Nova, Olivieri e altri.

Il suo stile di dirigente tecnico? Nessuna pretesa, zero problemi, polemiche vietate, solo tanto lavoro, oscuro e paziente. E subito sono arrivati i frutti come, del resto, si attendeva il presidente Antonio Percassi, anche lui, da calciatore, uscito proprio dal vivaio nerazzurro, difensore centrale con Gaetano Scirea accanto. E Favini voleva che tutti i ragazzi fossero educati come Scirea e cioè tanta tecnica, ma anche spirito di sacrificio, rispetto per tutti, in campo e fuori. Chi sgarrava, pochi in verità, veniva invitato a fare le valige e togliere il disturbo.

Un signore d'altri tempi? Per l'età, forse, visto che Fermo detto Mino, se n'è andato a 83 anni. Ma per Pazzini, Montolivo, Bonaventura, Morfeo, Locatelli, Consigli, Gagliardini, Caldara, Tacchinardi, i due Zenoni, Bellini e tanti altri, come Zambrotta e Borgonovo lanciati nel Como, la sua città, soltanto un maestro dai modi gentili capace di istruire i ragazzi come un buon padre di famiglia

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