Addio sogni rosa Lo squalo Nibali adesso è un gambero

Nel giorno di Valverde, il siciliano chiude 11° a 1'47'' Kruijswijk sempre più rosa. Vincenzo: «Non sono io»

Vincenzo Nibali impegnato in salita
Vincenzo Nibali impegnato in salita

Andalo Più che uno squalo è un gambero. Nibali vorrebbe tanto far saltare il banco, recuperare posizioni, risalire la china, ma questo è quello che la sua testa gli dice di fare: il problema è che le sue gambe non lo accompagnano. Così indietreggia, torna indietro e scivola sempre più negli abissi di una crisi che non ha apparentemente un perché e un nome. «È evidente che non sono io spiega senza cercare minimamente scuse il campione d'Italia -: non capisco il motivo, perché mi sento bene. Vogliamo approfondire e faremo degli esami clinici (probabilmente domattina a Milano, ndr), ma voglio comunque andare fino in fondo: voglio onorare questo Giro fino a Torino».

Prima l'illusione, sul passo della Mendola, dove il campione d'Italia suona la carica, portandosi dietro la maglia rosa Kruijswijk, chiamata più semplicemente double k e Valverde. Corsa breve ma tiratissima: si viaggia a cinquanta all'ora (la media finale sfiorerà i 45, ndr). Una frazione senza respiro e senza un metro di pianura. O si sale o si scende. Vincenzo sembra salire veloce, e si lascia alle spalle Esteban Chaves, Pozzovivo e Majka. Il piccolo scalatore colombiano accusa il colpo e vive una giornata estremamente complicata, che però alla fine gestisce con freddezza e lucidità.

Poi ecco la doccia fredda, violenta e terribile, che ci risveglia bruscamente. Sul Fai della Paganella, quando in avanscoperta ci sono tutti i migliori meno Chaves e mancano 16 km al traguardo, parte Valverde, con la maglia rosa double k appiccicato e con loro il russo Zakarin. Nibali no, non ce la fa il siciliano a tenere il loro ritmo, appare subito pesante e poco reattivo: il ct Cassani parla di mancanza di cambio di ritmo, per noi è incapace di fare anche velocità. E così il messinese viene raggiunto anche dal gruppetto di Chaves che, ai -9, dà una nuova frustata alle ambizioni del siciliano. Niente da fare, perde anche questo treno. Davanti, il trio Valverde-Kruijswijk-Zakarin tira dritto fino al traguardo: il murciano è il più esplosivo in volata e festeggia a braccia alzate la prima vittoria al Giro della sua immensa carriera.

Tre indizi fanno una prova. Così come tre tappe di crisi ci dicono in maniera inequivocabile che questo non è il vero Nibali. Altro che valori nella norma e numeri perfettamente in linea con lo storico del corridore. Lo si vedeva già a Roccaraso che il campione d'Italia non era quello dei giorni migliori, ma si pensava che con il passare delle tappe la condizione sarebbe in ogni caso arrivata. Corvara, Alpe di Siusi e adesso il ko di Andalo. Al traguardo il distacco del siciliano è come una pietra tombale sul suo Giro d'Italia: undicesimo a 1'47'' dai primi. In classifica, lo schiaffo si traduce in un quarto posto a 4'43'' da Kruijswijk. Una voragine.

Sul palco Rai, tutti dicono la loro. Cose più che condivisibili: Martinello, Cassani e Garzelli, che il ciclismo lo conoscono profondamente, tirano fuori le possibili cause di questa inspiegabile débâcle: Nibali ha corso troppo poco prima del Giro, Nibali ha allungato troppo le pedivelle (da 172 a 175, ndr), Nibali ha sbagliato la preparazione, Nibali ha fatto troppa altura, Nibali pensa ancora di essere un ragazzino.

Premesso che secondo noi il campione d'Italia, proprio perché ha 31 anni, avrebbe dovuto correre di più per immagazzinare fatica e

trovare il ritmo di corsa, pensiamo che il cuore del problema nasca altrove, dove generalmente si annidano tutti i problemi: la testa. Lì risiedono i comandi primari della macchina-uomo: vale per noi come per chi è campione.

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