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Agnelli spiega la riforma: "Sono le grandi leghe che bloccano la crescita"

«Ricchi contro poveri? La nuova Champions più blindata darà stabilità ai club medi»

Agnelli spiega la riforma: "Sono le grandi leghe che bloccano la crescita"

Quando a inizio settimana il presidente della Francia, Emmanuel Macron, è entrato a gamba tesa sulla riforma della Champions League, la sensazione è stata di confusione. «Dobbiamo difendere i nostri club. Non possiamo sacrificare il nostro modello a beneficio di pochi», ha detto Macron. Quale modello? Quello francese che ha un club destinato a vincere senza soluzione di continuità? La Ligue 1 non è certo esempio di solidarietà ed equità, lo dicono i bilanci e i risultati. La confusione nasce anche dagli oppositori, che hanno ridotto la questione a ricchi contro poveri.

Non è un caso che Andrea Agnelli ieri abbia aperto l'assemblea Eca (l'associazione dei club europei) di Malta così: «Questa riforma non riguarda in realtà i grandi club: questa riforma riguarda l'Europa». E non ha esitato a mandare una frecciata: «Ciò che è stato davvero deludente finora è il fatto che il dibattito è stato guidato dai rappresentanti dei cinque grandi campionati: un protezionismo di fronte al resto del calcio europeo».

Una posizione dominante da difendere a tutti i costi, anche di fronte a evidenti storture. Agnelli ha fatto l'esempio dell'Ajax: ha vinto il campionato olandese è arrivato in semifinale di Champions, ma per qualificarsi alla prossima edizione dovrà fare due turni preliminari. Non è solo una questione di posti, ma anche di soldi. L'ha spiegato altrettanto bene Edwin Van der Sar (dg dell'Ajax) al Times: Premier, Liga, Ligue1, Bundesliga e Serie A vantano 5,8 miliardi di ricavi più di tutte le altre 50 leghe europee messe insieme. Aki Riihilahti (ad dell'Helsinki) ieri ha ribadito: «Capisco che Spagna, Francia, Italia, Inghilterra e Germania non vogliano i cambiamenti, ma anche gli altri 50 Paesi dovrebbero avere migliori possibilità nel calcio di quelle attuali». Una disparità che la riforma ha l'ambizione di correggere. Un modo è l'allargamento delle squadre «blindate» da un'edizione all'altra. «Parlo di 40 squadre che rimangono nel sistema - ha spiegato Agnelli - dando stabilità. Con particolare attenzione ai club dalla posizione sedici alla quaranta del raniking, quelli che rischiano di non poter crescere».

Tecnicismi a parte, ieri il segretario generale dell'Uefa Giorgio Marchetti ha spiegato ai club il meccanismo delle tre coppe tra promozioni e retrocessioni. L'introduzione di una terza competizione a 64 squadre fa l'occhiolino proprio ai tornei minori. E di fatto Agnelli e il presidente dell'Uefa contano sull'appoggio delle federazione medio-piccole.

Anche per questo proprio ieri è stata approvata la modifica dello statuto Eca che allarga il board e gli eletti. Non gioca a favore della riforma, lo studio di Kpmg, che con la Super Champions prevede una svalutazione del venti per cento dei grandi campionati. Ieri sette club spagnoli si sono detti contrari. Non si sono schierati contro Real Madrid e Barcellona, un segnale pesante che fa presagire segnali di rottura all'interno dell'Eca. Nel suo discorso Agnelli ha provato a richiamare a una visione europea collettiva».

Ceferin ha mandato una lettera all'Eca e alle Leghe invitandole a un tavolo di confronto a settembre. Da Bruxelles a Nyon-Malta, cambiano i termini della questione, non la sostanza.

L'unione di intenti, questa sconosciuta in Europa.

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