Si è tirato indietro il Cesena, poi l'Atalanta e il Verona, la serie A ha visto sgretolarsi il suo muretto dei no Tav, sì al commissario prima ancora di andare alle urne. «Noi stiamo con Tavecchio», hanno annunciato regalando la sensazione che oggi la soglia del 60 per cento di percentuale voti sarà sorpassata. Ecco, appunto, oggi parleranno i voti: giornata prevedibilmente lunga, ma stasera il calcio dovrebbe riproporre un presidente federale. Candidati ufficiali Carlo Tavecchio e Demetrio Albertini, coppia di inadeguati come ha dimostrato anche la corsa elettorale. Viste le ultime previsioni, e il valzer del sì e del no, potrebbero bastare anche due votazioni. E sarà sempre richiesta una maggioranza dei voti espressi, non quella dei voti esprimibili. Ovvero: chi se ne va prima, fa danno al suo gruppo.
Meriti e demeriti dell'incertezza e delle tragicomiche di queste settimane vanno ai dissidenti della serie A che hanno cercato l'interpretazione del match maker, ma sono svaniti quando si è trattato di giocare da duri. Non ci sarebbe nulla di straordinario se oggi nell'urna mettessero il loro no a Tavecchio soltanto Juve, Roma, Fiorentina e Torino, abbandonate anche da Sampdoria (ieri sera la decisione), Sassuolo (ieri a cena con Galliani) e Cagliari. Il Cesena ha argomentato il ritiro aprendo la strada ad altri rimorsi di coscienza. «I candidati non si sono ritirati, dunque noi votiamo il candidato scaturito dall'assemblea della serie A». Quando finì 18-2 per il Tav. La coerenza è una cosa seria, quindi non è del calcio.
Il vero match maker resterà Claudio Lotito, che ha gestito il caso Tavecchio con lo spirito e la grinta del tutor, ha messo tanti all'angolo, chissà quali argomenti avrà mai ripescato per convincere dissidenti e scettici. Le leghe pro Tav vanno a votare sapendo di non aver fra le mani il meglio, ma il meno peggio. Gli avversari si sono sentiti subito nudi per inadeguatezza del candidato e per evidente incapacità di imporre la loro forza: e qui parliamo di allenatori, calciatori, anime vaganti e inquiete della Lega Pro e della serie B, sospinte dal presidente del Coni che avrebbe fortissimamente voluto un commissario. E chissà non gli riesca il colpo andando a frugare negli affari e nel passato di Tavecchio. O in qualche problema di governance. Gli arbitri si sono tenuti lontani dalle diatribe in attesa di sentir spirare il vento.
Ieri giornata di attesa. Tavecchio è arrivato presto a Roma, pur con l'angoscia nel cuore per la salute del fratello. L'Aic si è riunita in serata per annunciare i candidati al consiglio federale. Difficile che Damiano Tommasi accetti una proposta alla vicepresidenza. Ieri si è sprecato in una enunciazione di cartello. «Spero vinca il coraggio. Qui prevalgono interessi di parte, di piccoli gruppi, piuttosto che il progetto sportivo». In questo periodo si è parlato pochissimo di progetti e tanto della gaffe del Tav che ne hanno avvalorato l'inadeguatezza. Ma tra sordi e ciechi...
A sua volta Tavecchio ha replicato con un embrassons nous. «Il mio programma è basato proprio sulla realizzazione degli obiettivi comuni e sul lavoro da fare insieme: ciò sarà possibile soltanto grazie al lavoro di squadra delle Leghe e delle componenti tecniche». Alla squadra aggiungerà Michele Uva, uomo Coni, come segretario generale.
«Lavoro di squadra? É la prima volta che lo dice», ha commentato in positivo Ulivieri, a nome degli allenatori. Ma tutti sanno che nella gestione federale conta il comitato di presidenza, nemmeno i vicepresidenti. E in quel comitato il tutor Lotito sta al primo posto.
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