Ecco un portiere (per il Milan). Finalmente, verrebbe da chiosare, dopo vane ricerche (Kalac, Eleftheropoulos, Storari, Amelia, Gabriel, Agazzi) per trovare il degno erede di Dida e Abbiati, due pluridecorati fra i 90 portieri iscritti nella storia rossonera. L'ultimo, Diego Lopez, è un perticone di uno, nato in un paesino (Parabela) della Galizia, barba incolta e italiano maccheronico, sa tutto del compatriota Luis Suarez («l'unico spagnolo ad aver vinto il Pallone d'oro»), ha un debole, evidente, per Mourinho e parla come un libro stampato. «Il Milan? Dieci anni fa, prima di passare al Villareal, ero in procinto di trasferirmi in rossonero» ricorda per far capire che è stata una scelta scritta dal destino per una carriera, molto promettente, fino all'avvento di Mourinho al Real Madrid. Perciò la domanda delle cento pistole è la seguente: scusi Diego Lopez ma come si fa a lasciare il Real Madrid che vince tutto per passare al Milan di questi tempi?
«Quando al Real è arrivato un terzo portiere che avrebbe messo in discussione la gerarchia, ho chiesto di lasciare il Real, senza polemiche».
Perciò sarà eternamente riconoscente a Mourinho?
«Josè ha avuto coraggio. Quando Casillas si è infortunato è toccato a me, ho giocato, ho fatto bene e lui mi ha confermato in un momento molto complicato del Real. Poi è arrivato Ancelotti e ha diviso in due il ruolo: io titolare nella Liga, Casillas in Champions».
Ed è finito al Milan...
«Spinto da Ancelotti e Vecchi, il preparatore dei portieri, i quali mi hanno dato i consigli giusti anche se l'opzione Milan è sempre stata la prima. Loro mi hanno cercato e io ho preso al volo questa opportunità».
Nessun rancore verso Ancelotti?
«Carlo è stato onesto e professionale nei miei confronti».
Dicono: Inzaghi allievo di Ancelotti. Condivide?
«Impossibile adesso il paragone: uno ha appena cominciato, l'altro ha una carriera straordinaria alle spalle. E poi uno guida il Real, l'altro il Milan»
Dopo Parma, sono ripresi i dubbi sul suo conto: li ha sentiti?
«Non ho avuto nessun problema, qui lavoro bene, con compagni capaci e un tecnico in gamba. Mi ha fermato solo un infortunio».
Lo sa che Abbiati è diventato il suo tifoso numero uno: in panchina applaude a ogni sua parata...
«Christian è stato fantastico, mi ha molto aiutato nei primi giorni a capire il calcio italiano e ad ambientarmi».
La difesa del Milan, numeri alla mano, non è granché, specie quando manca Alex...
«Io rispetto tutti i miei colleghi e non vedo differenze. Col Genoa abbiamo perso senza che io facessi una sola parata, col Napoli è andata molto meglio. Sappiano tutti di dover migliorare senza farci condizionare dai giudizi. A leggere i giornali dopo la sconfitta di Genova eravamo morti e dopo il successo sul Napoli siamo risorti».
Ma c'è da fidarsi di questo Milan in corsa per il terzo posto?
«Credo proprio di sì. Non sarà facile, la concorrenza è notevole ma possiamo farcela, specie se sapremo sfruttare la spinta data dal successo col Napoli».
Roma è un ostacolo molto alto...
«Verissimo ma è anche uno stimolo per tentare di realizzare una impresa. La squadra di Garcia gioca un calcio divertente e spettacolare, ha Totti che è il calciatore italiano più famoso e più forte dell'ultima generazione».
Scelga un portiere italiano sul quale scommettere per il futuro...
«Perin. Mi ha impressionato per fisico e tecnica».
Cosa non le piace del calcio italiano?
«Non ho ancora l'esperienza necessaria per dare un giudizio del genere: a fine contratto, tra 4 anni, ripassate e risponderò. Un aspetto mi ha colpito: gli stadi quasi sempre vuoti».
Chi merita il Pallone d'Oro?
«Nessun dubbio: Cristiano Ronaldo».
Cosa succede a Torres?
«Niente di drammatico. Non sta giocando ma è molto forte mentalmente e saprà reagire. Sono sicuro che alla fine tornerà utile al Milan».
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