Apoteosi Argentina. Messi alza la Coppa battendo Mbappé in una finale storica

L'albiceleste conquista la terza stella in una delle sfide più belle di sempre decisa ai rigori

Apoteosi Argentina. Messi alza la Coppa battendo Mbappé in una finale storica

C'era una forza interiore che spingeva l'Argentina di Leo Messi molto più dell'orgoglio dei Bleus e di Kylian Mbappé. Che ha provato a tenere aggrappata la Francia alla finale dalle mille emozioni, ma che ha dovuto inchinarsi all'altro dieci. Non ci sono Champions e Palloni d'Oro che tengano, la Coppa del Mondo ha un altro sapore. E Messi, che non l'aveva mai vinta, lo sa bene. La terza vittoria dell'Albiceleste, senza nulla togliere a una rosa fatta di talento, garra e buona tecnica, è soprattutto quella del suo capitano, da sempre considerato e consideratosi l'erede di Diego Maradona. Serviva un ultimo passo per accostarlo al Mito: fu proprio Diego ad alzare l'ultima Coppa vinta nel 1986, ieri è toccato - finalmente - alla Pulce. A 35 anni e 177 giorni, aveva l'ultima cartuccia da sparare e stavolta ha centrato il bersaglio. Tranne Nils Liedholm, nessuno aveva segnato in una finale mondiale alla sua età. Lui di gol ne ha fatti due come Ronaldo nell'atto conclusivo del 2002, in totale sette in un torneo nel quale è stato eletto anche miglior giocatore.

Quella Coppa fra le sue mani (e prima baciata, una volta ricevuto il trofeo personale) realizza il sogno suo, del ct Scaloni, il più giovane del Mondiale, di un gruppo ben assortito con 4 esponenti della nostra serie A e di un paese pervaso da una crisi che ha messo al tappeto l'economia tra l'inflazione alle stelle e un elevato tasso di povertà della popolazione. Al rivale e compagno di squadra del Psg Mbappé, che ha tentato il miracolo di un bis iridato riuscito solo a un altro storico dieci, quel Pelé che ammira il francese, Messi lascia solo la Scarpa d'Oro di miglior bomber. Otto i gol dell'attaccante transalpino, la sua tripletta (la seconda in una finale del Mondiale dopo quella dell'inglese Hurst nel 1966) è un capolavoro siglato in meno di un tempo che ha tenuto a galla una Francia inesistente per 80 minuti e che solo con i cambi operati da Deschamps e dal risveglio del leone fin lì addormentato.

C'è il presidente francese Macron in tribuna, che partecipa con passione alla doppia rimonta dei calciatori di Deschamps e cercherà di consolare Mbappé, non il collega argentino Alberto Fernandez. Questione di scaramanzia, nessun premier assiste all'ultimo atto dal 1990 quando il suo predecessore Menem visse dal vivo il ko con la Germania. L'Albiceleste domina a lungo la finale grazie all'innesto fra i titolari di Di Maria (un altro reduce come Messi della finale persa nel 2014). I due «vecchietti» la portano sul 2-0, la Francia forse indebolita dal virus in molti dei suoi interpreti compare sulla scena solo quando in 97 secondi Mbappé fa un uno-due micidiale (rigore e gol volante). Supplementari scoppiettanti, con il bis di Leo e il tris di Kylian, ma anche con occasioni da ambo le parti per evitare i rigori.

Dove sale in cattedra Emiliano Martinez (un penalty parato su tre in carriera) e miglior portiere del torneo: la parata a Coman è pesante quanto l'errore di Tchouameni, l'Argentina non sbaglia mai - compreso Dybala -, decisiva la trasformazione di Montiel. Festa e lacrime, con Scaloni che scala la tribuna per l'abbraccio alla famiglia. Il sogno è realizzato.

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