Armstrong battezza il via «Vince solo chi è dopato»

Oggi parte il Tour de France edizione numero 100, anche se di anni ne ha 109. Si parte da dove non è mai partito: dalla Corsica. Si parte con l'eco delle parole pronunciate da Lance Armstrong e lo spettro di altre positività, che potrebbero saltare fuori dal riesame delle provette del Tour del '98, quello vinto da Marco Pantani, e che hanno già sbugiardato Laurent Jalabert.
Si parte con le verità raccontate a Le Monde dal più grande bugiardo (liestrong è diventato il suo soprannome) della storia dello sport. «Impossibile vincere un Tour senza doping - è la tesi di Lance Armstrong - perché il Tour è una prova di endurance nella quale la quantità di ossigeno è determinante. E ricordate che non sono stato io ad inventare il doping: non serve un genio per capire che l'Epo non farà mai la differenza per un centometrista mentre sarà decisiva per chi corre sui 10.000 metri».
«Io la penso diversamente, io sono la prova che questo non è vero», dice seccato Cadel Evans, il vincitore del Tour 2011, terzo quest'anno al Giro d'Italia, alle spalle di Nibali e Uran. E gli fa eco il suo preparatore, Andrea Morelli, che dal 2002 segue il 36enne corridore australiano: prima affiancando il suo maestro, Aldo Sassi, poi, quando "il professore" è venuto a mancare, a tempo pieno. «Se si può vincere un Grande Giro a pane e acqua? Certo che si può e non è nemmeno necessario rendere la corse meno dure. Si farà più fatica, si faranno medie più ragionevoli, non avremo a che fare con super-atleti e assisteremo a maggiori crolli improvvisi, ma fare un Grande Giro a pane e acqua è possibile eccome. Cadel ne è la dimostrazione. E Cadel non è il solo», dice Andrea Morelli, preparatore e biomeccanico al Centro Mapei Sport di Olgiate Olona (Varese). «Però anche gli organizzatori ci devono dare una mano: negli anni Ottanta le tappe finivano alle 15, oggi alle 17.30 se non alle 18. E poi ci sono i trasferimenti, sempre più ampi e massicci. Occorre permettere ai corridori di riposare. Il riposo è fondamentale per un buon recupero: soprattutto in una corsa a tappe».
Dello stesso avviso è il dottor Roberto Corsetti, medico della Cannondale di Basso, Sagan e Moreno Moser, nonché presidente dell'Associazione medici di ciclismo (Aimec). «Io ovviamente posso solo parlare dei miei atleti e posso dire che il Giro di Ivan Basso e la Vuelta di Nibali nel 2010 sono stati frutto di sudore, pane e acqua. In entrambe le occasioni noi pubblicammo tutti i valori di ematocrito, emoglobina e reticolociti. Negli ultimi tre Giri ho seguito personalmente il nostro laboratorio viaggiante, che ha raccolto dati che sono stati poi frutto di analisi, convegni e pubblicazioni scientifiche importanti. La cosa che è emersa in maniera evidente, non è tanto la difficoltà ad affrontare tappe con molti metri di dislivello, ma la necessità di facilitare i tempi di recupero. Dopo una tappa difficilissima, congelati e sfiniti, non è tollerabile che le squadre arrivino in hotel alle otto o alle nove di sera. Si possono mettere Galibier e Mortirolo, ma le tappe devono finire prima per consentire a ciascun atleta di riposarsi di più in vista del giorno dopo».
Durissima anche la replica di Pat Mc Quaid, il numero uno del ciclismo mondiale (Uci). «La cultura nel ciclismo è cambiata proprio dall'epoca Armstrong ed ora è possibile correre e vincere puliti.

Il ciclismo ha oggi la più sofisticata infrastruttura anti-doping che ci sia nel mondo dello sport. Misure come il passaporto biologico e la politica 'no-ago' sono la spina dorsale della nostra lotta implacabile contro il doping».

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