Non c'è Cristiano Ronaldo, che peccato. Non c'è Mario Balotelli. Che fortuna. Vanno così le cose del football, paradossali ma anche emblematiche, perché se i campioni d'Europa del Portogallo non schierano, per squalifica, il loro artista, gli ex ma molto ex campioni del mondo si fregano le mani perché la loro e nostra eterna promessa è ferito a una gamba, come Giuseppe Garibaldi ma nulla ha dell'eroe dei due mondi, anzi. Per Mancini, quello di Lisbona diventa un esame di riparazione, non nel risultato ma nella lezione che i suoi dovrebbero avere appreso. Lezione di cuore e di gioco, perché contro la Polonia sono venuti a galla i limiti che già si erano appalesati negli anni post Berlino e che la gestione Conte aveva saputo mascherare con uno spirito di gruppo, di attaccamento, di rabbia agonistica.
Viste la Francia, la Germania, la Spagna, l'Inghilterra, dovremmo avere capito perché non siamo partiti per la Russia. Altri ritmi, altra intensità come si usa dire oggi, ma soprattutto una qualità tecnica che fa la differenza. Al di là delle solite e accademiche lezioni sul collettivo più utile del singolo, il nostro problema è che non abbiamo né l'uno, né l'altro. Mancini ha commesso l'errore di chiamare e utilizzare Balotelli mettendolo al centro del tiro a segno. Il commissario tecnico non è a capo di una comunità di recupero, sa benissimo che Immobile, Belotti e Chiesa hanno almeno cinque giri di vantaggio sul ragazzo siculonizzardo, un vantaggio dovuto alla voglia che mettono in campo, alla freschezza, alla corsa, al sacrificio, doti latitanti, dalla fondazione, in Balotelli. Il torneo europeo non è un gioco del piccolo chimico, è roba seria, gli esperimenti hanno bisogno di conforto negli allenamenti, rari è vero, e nella conoscenza che Mancini ha del calcio italiano e straniero, avendolo frequentato, a differenza di Ventura e dello stesso Conte nel periodo post bianconero.
Il Portogallo senza Cristiano Ronaldo è un'altra squadra, di testa e di forma, un eventuale buon risultato a Lisbona dovrebbe portare vitamine agli azzurri ma molto, se non tutto, dipenderà dall'applicazione, dal senso di appartenenza che si debbono dare a questa maglia storica. Vedo, invece, molti narcisi, eroi nel condominio e comparse silenziose quando abbandonano il sito casalingo, Balotelli e Insigne fra questi ma Gagliardini e Bonaventura e lo stesso Pellegrini, non sono da meno.
Abbiamo bisogno di cervello e di cuore, non soltanto di quattrotretre, ma non sono in vendita, per colpa di molti allenatori. La notte di Lisbona può servire a smentire non le critiche ma quello che il campo finora ha detto.
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