È vero che la storia dello sport, e del tennis in questo caso, esiste per essere riscritta e aggiornata. Ma nessuno pensava che Nadal avrebbe superato Djokovic nella semifinale del Roland Garros (6-4 3-6 6-1 6-7 9-7 in 4h e 37') al termine della più bella partita disputata sulla terra rossa. Wilander, opinionista principe degli slam, ha ribadito con forza il concetto fin dal suo primo commento: «Non avevo mai visto giocare così bene su questa superficie». Una battaglia di giganti, così ricca di colpi di scena da far impallidire l'omonimo film di Annakin sullo scontro delle Ardenne fra tedeschi e americani. Il maiorchino s'è affermato perché più forte mentalmente del serbo che nell'ultimo set ha fallito, pensate un po', la bellezza di tre smash, finendo in una occasione addirittura contro la rete. Ma la differenza è stata minima, appena 9 punti, 151 contro 142. Nadal ha così la possibilità di conquistare Parigi per l'ottava volta nella finale che lo vedrà opposto al connazionale Ferrer (vittorioso sull'idolo di casa Tsonga nell'altra semifinale per 6-1 7-6 5-2) in un derby fratricida. Ci riuscisse sarebbe il primo a vincere per otto volte uno slam, intanto è diventato il quarto tennista dell'era open a disputare otto finali di uno stesso major dopo Federer a Wimbledon, Lendl e Sampras agli Us Open. Dal 2005 è lui il re incontrastato di Parigi con sette finali e altrettante vittorie: l'unica defaillance risale al 2009 quando Soderling in stato di grazia lo eliminò negli ottavi. In questo lungo arco di tempo solo Isner l'aveva portato al quinto set, nel primo turno del 2011, prima di Djokovic. Bastano questi dati statistici per affermare la sua indiscussa leadership in un tennis fatto di potenza, ma anche di coraggio, intelligenza, testa. La semifinale di ieri ha ricalcato per molti versi la finale dell'Australia Open 2012 conclusasi con il trionfo di Djokovic al quinto set dopo quasi sei ore di gioco. Questa volta i ruoli si sono invertiti.
Se Nadal ha avuto la possibilità di chiudere il match nel quarto set con la battuta a disposizione sul punteggio di 6-5 e 30-15, Djokovic appariva lanciato verso la finale nella frazione decisiva quando s'è trovato avanti per 4-2 e sul 4-3 ha toccato la rete nel colpo che poteva fare da spartiacque all'incontro. Povero Novak. È rientrato nello spogliatoio in completa confusione dopo aver ceduto malamente l'ultimo gioco sul suo servizio: tutti oltre misura i suoi fendenti da fondo campo. Era già in doccia da qualche minuto. In un colpo solo ha lasciato sulla terra rossa del campo intitolato al mitico Chatrier l'opportunità di vincere per la prima il Roland Garros, l'unico major che manca alla sua collezione, e di dare l'assalto al grande slam. Chissà per quanto tempo penserà a quei banali errori che l'hanno trascinato alla sconfitta. Il braccino corto esiste davvero e non colpisce solo noi poveri giocatori di circolo. Sul piano tecnico lo spagnolo ha cambiato marcia nel finale quando ha ripreso a macinare punti con il diritto lungolinea, roba da rimanere annichiliti, e con una serie di colpi in contropiede che sembravano mutuati dal calcio.
Sul campo adiacente, quello che ricorda Suzanne Lenglen, Sara Errani ha dimostrato tutta la sua forza interiore resuscitando dal ko del giorno prima e trascinando Roberta Vinci al successo nella semifinale contro la coppia Petrova-Srebotnik: 6-3 5-7 6-3 lo score.
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