Berlino sull’orlo della serie B è l’ultima capitale del pallone

Un fenomeno paradossale nella ricca Germania. La città che attira più investimenti nel continente non riesce ad evitare la retrocessione dell’Hertha

Berlino sull’orlo della serie B è l’ultima capitale del pallone

Nel 2010, alla vigilia della sua ultima retrocessione, il quotidiano Der Tagesspiegel pubblicò un articolo in cui sentenziava "Se l'Hertha retrocederà, tutta Berlino si sentirà a sua volta retrocessa, ancor più incompiuta, sporca, povera di prima". Nella versione online dello stesso articolo, però, era significativa la presenza di un commento. Diceva: «L'Hertha BSC non è Berlino. E Berlino è molto più del solo Hertha». Ecco, appunto. Facciamo un rapido flash forward: la squadra della capitale tedesca poi effettivamente retrocederà, per tornare in Bundesliga l'anno successivo (la stagione in corso). Markus Babbel, storico ex di Bayern e Liverpool, verrà esonerato nonostante i discreti risultati, e l'Hertha si troverà ancora in zona retrocessione, come un Cesena o un Lecce qualsiasi. Oggi l'infezione si è fatta cancrena, e la Zweite Liga è lì, a un passo. Berlino penultima in classifica, male come nessun’altra capitale d’Europa.
E allora torna, sibillino e cassandrino, il commento di quell'anonimo lettore di quasi due anni fa: Berlino è molto più dell'Hertha. Sì, è vero, ed è per questo che rimane un affascinante mistero l'imbarazzante pochezza della sua squadra. Berlino è, per dire, la città che ha attirato, nel primo trimestre dell'anno appena trascorso, qualcosa come 140 milioni di euro di investimenti in start-up, o ancora il secondo luogo al mondo in cui nascono più start-up ogni anno (al primo posto c'è quell'eldorado chiamato Silicon Valley).
Così la Germania - la stessa Germania che fa la voce grossa in Europa, su tutto e con tutti - si ritrova con una capitale senza una degna rappresentazione calcistica. E dire che anche gli snobissimi parigini si sono svegliati, mettendo in piedi un progetto di marketing e sport che nei prossimi anni potrà verosimilmente portare alla creazione di un dream team. Settanta milioni di investimento iniziale nel PSG (acquisendone il 70% ed estinguendo tutti i debiti) e un piano di conquista economica della Ligue1 che passa per Al Jazeera (che ha acquistato i diritti di trasmissione di tutte le partite su territorio francese fino al 2016), e il Qatar ha messo le mani sulla Francia. A Roma sono invece sbarcati «gli americani», con un po' di soldi in meno ma con l'entusiasmo di Tom DiBenedetto, la competenza di Sabatini e le promesse revoluciònarie di Luis Enrique. Un progetto che un po' funziona e un po' no, ma intanto affascina. Poi c'è Madrid, finalmente prima in Liga e in odore di titolo dopo anni di dominio catalano. E Londra, beh Londra alla fine è sempre lì, con il Chelsea redivivo grazie all'insospettabile Di Matteo, che punta dritto alla semifinale di Champions.


Insomma, fanalino di coda dell'Europa è la Germania, troppo impegnata a "salvare" il continente per occuparsi di passatempi così volgari come quelli pallonari. E l'Hertha sprofonda nonostante "mr Bundesliga" Otto Rehhagel. La nostra umile vendetta ce la costruiamo in un rettangolo verde di 110 metri per 75.

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