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Bettiol, una fuga per la vittoria. Ma prima ha ritrovato se stesso

"Mi ero perso". Bernal e Yates si riposano per i tapponi alpini. Caruso sempre 2°, ritirati Evenepoel e Ciccone

Bettiol, una fuga per la vittoria. Ma prima ha ritrovato se stesso

Brioso e frizzante come una Bonarda dell'Oltrepò Pavese. Se li beve tutti, Alberto Bettiol, uno dopo l'altro, prima di brindare ebbro di gioia su quel podio che in carriera non aveva ancora calcato. Vince con pieno merito, dopo esser stato in fuga per tutto il giorno, assieme ad altri 22 compagni di avventura, mentre il gruppo maglia rosa si disinteressa e lascia fare.

Alla vigilia di due tappe di montagna che decideranno la corsa rosa, il Giro si gode una giornata di festa con Alberto Bettiol, che regala al nostro movimento il quinto successo in questa edizione. Si porta a casa la più lunga di tutte, e la motivazione è forte; visto che Stradella dista pochissimo da Voghera, terra del suo procuratore Mauro Battaglini, agente di molti ciclisti di grido come Mario Cipollini e mancato lo scorso mese di settembre, Alberto vuole lasciare il segno per una dedica speciale. «Per me era come un secondo padre», confessa il toscano in lacrime.

È il giorno di Bettiol, 27 anni, toscano di Castelfiorentino, una passione per la Juventus spropositata, che festeggia con i compagni di squadra della EF - team americano - anche il ritorno di Max Allegri sulla panchina della sua amata Signora. «Con lui si va sul sicuro». Due anni fa sul podio di una delle corse Monumento, il Giro delle Fiandre, poi un'infinità di problemi. «Vincere spesso può anche fare male», assicura lui con quel sorriso che contagia e ispira immediatamente simpatia. Il ragazzo che sa scattare e adora le fughe si mette per un po' all'inseguimento di se stesso. Ritrova l'equilibrio e la serenità perduta. Una mano gliela dà anche il suo capitano, Hugh Carthy. Ieri mattina gli dice: «Vai e divertiti»: non se l'è fatto ripetere due volte.

Oggi si torna a salire, siamo alle battute conclusive. Senza il Mottarone per rispetto della recente tragedia, ma con la scalata finale all'Alpe di Mera, dieci chilometri cattivi, da non sottovalutare. Il tema è scontato: Simon Yates chiamato a riprovarci, Bernal chiamato a difendersi, con il nostro Damiano Caruso che proverà a resistere a tutti e due per difendere un secondo posto che vale come una vittoria.

Per la cronaca, della partita non fanno più parte Giulio Ciccone, febbricitante e livido, così come il baby prodigio Renco Evenepoel.

Non molla invece Vincenzo Nibali: «Ho fatto più radiografie che fotografie, ma a Milano ci arrivo», assicura lo Squalo, dimostrando una volta di più cosa significhi essere non solo campioni, ma uomini.

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