C'era un volta la Jugoslavia di Boban, Suker, Mihajlovic e Savicevic, adesso c'è un Paese diviso in sette stati, contando anche il Kosovo che ha appena debuttato nelle qualificazioni mondiali. Una frammentazione politica che ha portato conseguenze tragiche, ma anche tragicomiche.
Cinque lustri dopo il conflitto balcanico e la disgregazione delle sue terre fa scalpore infatti quanto accade a una piccola formazione di nome Partizan di Kostajnica, che milita nella Lega Regionale bosniaca, ogni volta che gioca in casa. Il destino, infatti, ha voluto che lo stadio di questa squadra si trovi per tre quarti sul territorio della Bosnia-Erzegovina, quindi fuori dall'Unione Europea, e per un quarto dentro la Croazia, viceversa membro dell'UE. Non è una favola, anzi. Tutto vero.
A rendere la situazione ancor più inverosimile il fatto che il campo in cui gioca il Partizan si trova nella Republika Srpska, l'entità a maggioranza serba della Bosnia.
«Quando i palloni finiscono nell'Unione Europea chi li recupera si porta il passaporto in via precauzionale...», ha confessato il presidente del club, Zoran Avramovic. Quello che verrebbe da chiedersi è se debba essere esibito prima di calciare nella porta extraterritoriale...
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