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C'è Brasile-Messico Neymar deve vendicare pure la beffa olimpica

Nell'eremo della Granja Comary a Teresopolis, quartier generale della Seleçao, è spuntata una cresta bionda. È quella di Neymar, «pizzicato» ieri in allenamento a provare i calci di punizione: impressionante la facilità con la quale ha infilato la palla nel sette in due diversi tentativi, sotto gli occhi compiaciuti di Scolari.
La sua doppietta alla Croazia ha aperto la caccia alla hexa, il sesto titolo mondiale, e lui ha pensato di festeggiare il debutto da applausi con un nuovo look e un lato della testa completamente rasato. Neymar ha tenuto fede al personaggio, costantemente sulle pagine delle riviste di gossip e moda, che fa tendenza ed è un idolo assoluto dei 200 milioni di brasiliani. A lui il compito di non deludere le attese nemmeno nella seconda sfida. Il peso del prestigio che lo accompagnava, l'emozione dell'esordio in un Mondiale in casa e tante altre suggestioni, non ne hanno scalfito il talento, ora andrà a caccia di conferme e magari di gol (la Snai lo quota in testa per la vittoria della classifica dei bomber).
Per il match di Fortaleza - campo dove sabato scorso si è consumata la sorpresa del ko dell'«odiato» Uruguay ad opera della Costarica - Scolari avrebbe voluto confermare l'undici che ha fatto centro con la Croazia. Ma i guai muscolari alla coscia di Hulk - oggetto di una piccola contestazione da parte dei tifosi - potrebbero portare a un ritocco nei tre dietro Fred, anche se gli esami radiografici hanno escluso complicazioni. C'è l'ostacolo Messico per chiudere subito la pratica qualificazione e la mente non può che tornare a due anni fa, quando la «Tricolor» sorprese nella finale ai giochi di Londra Neymar e compagni, confermando la maledizione a cinque cerchi dei brasiliani.
Nei tre precedenti al Mondiale, Brasile sempre vittorioso con i messicani, l'ultimo nell'edizione 1962 - secondo successo iridato della Seleçao -, e sempre senza subire gol. E curiosamente quando i sudamericani hanno giocato il 17 giugno - tre volte - non hanno mai steccato. Statistiche a parte, il morale a Teresopolis è alto. Lo testimonia anche il simpatico siparietto tra il ct e Dani Alves: Scolari accenna una tacchettata nelle parti basse del terzino e lui fa finta di crollare a terra dolorante. «La compattezza in ogni reparto di questa squadra mi ricorda quella del 2002 - ripete sempre Felipao, che insegue il record di Pozzo, vincitore di due Mondiali -, in più c'è tanto talento e Neymar può essere decisivo come lo fu Ronaldo». E a proposito delle polemiche sull'arbitraggio nella prima sfida dice: «I miei vanno in campo e giocano, sanno vincere anche senza arbitro. Il tecnico croato ha detto che è un circo? Allora il Brasile finora ne ha avuti cinque, visti i titoli mondiali vinti».
E a proposito di politica, logico accostare un'eventuale vittoria finale della Seleçao all'esito delle elezioni di ottobre in Brasile. «Ma la nazionale rappresenta la nostra nazionalità, è al di sopra di governi, partiti e interessi di qualsiasi gruppo», si è affrettata a ricordare la presidente Dilma Rousseff, candidata a un secondo mandato, che ha rivelato di aver tifato per la Seleçao anche dal carcere durante la dittatura militare.

«Non era permesso il dissenso, ma il tifo non è mai stato in discussione perchè il calcio è al di sopra della politica», così la Rousseff, fischiata durante la partita inaugurale a San Paolo. «Ma invito i brasiliani a mettere da parte le legittime proteste e le divisioni e a tifare, con un sorriso, la nazionale». C'è un sogno da realizzare e una maledizione - quella del 1950 - da cancellare.

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