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Il calcio come il basket. Un taglio agli stipendi per sopravvivere al virus

Un salary cap in stile Nba. E anche il circus della F1 ora pensa a un "tetto" per i piloti

Il calcio come il basket. Un taglio agli stipendi per sopravvivere al virus

«Stiamo pensando di chiedere ai giocatori di decurtare il proprio ingaggio perché le società di calcio non ce la fanno a pagare gli stipendi». La voce è niente meno che quella di Gabriele Gravina, numero uno della Federcalcio.

Nei giorni in cui «il calcio sta rischiando il disastro economico-finanziario», questo invece l'allarme lanciato da Paolo Dal Pino, presidente della Lega serie A, e ribadito ieri, la questione degli stipendi dei calciatori è uno dei temi al centro del dialogo come possibile soluzione in grado di limitare l'impatto economico negativo del Covid-19 sul mondo del pallone, che vale l'1,7% del Pil italiano e garantisce un'occupazione di circa 250.000 lavoratori. Altro tema proposto è quello del salary cap, ossia un tetto salariale sul modello delle leghe professionistiche sportive americane per regolamentare il giro di denaro. Un sistema con il quale si decreta l'ammontare di denaro totale che ogni società sportiva può pagare per gli stipendi dei propri giocatori. L'Nba lo ha introdotto nel lontano 1946 ma ora anche la Formula 1 sta pensando di introdurlo a partire dal 2023. Se verrà approvato, ogni scuderia potrà spendere al massimo 30 milioni di dollari totali d'ingaggio per i due piloti titolari. E dunque, per fare un esempio, la Ferrari non potrebbe concedere, come ha fatto quest'anno, 40 milioni a Vettel e 9 a Leclerc... Un gap di 19 milioni che di certo non comprometterà la ricchezza, e quindi il valore, del campionato. Il mondo del calcio potrebbe trarre un insegnamento da questi esempi.

«Bisogna ridurre gli stipendi nel calcio». È questo il sunto della lettera che il presidente della Federcalcio Gabriele Gravina ha inviato nei giorni scorsi all'Uefa e alla Fifa per chiedere «un allineamento a livello europeo sul tema dei salari», affinché non venga depauperato il patrimonio tecnico del nostro campionato, e per «garantire la sostenibilità del sistema calcio». Un sistema messo a dura prova dalla crisi pandemica e dagli stadi vuoti. In Italia, solo per quanto riguarda la voce ricavi da botteghino, si prevede una perdita per la serie A di 360 milioni di euro più 260 milioni di mancate partnership. Tra le big del nostro campionato, la Juventus ha chiuso l'esercizio 2019/2020 con una perdita pari a 89,7 milioni di euro, la Roma è in rosso per 204 milioni, il Milan per 195 milioni, l'Inter per 100 milioni.

In una situazione così critica sul piano finanziario, i club faranno fatica a pagare gli stipendi dei propri campioni. E il presidente federale Gravina ha ottenuto l'approvazione a maggioranza (voto contrario dei rappresentanti degli atleti e degli allenatori) per posticipare la scadenza prevista per il pagamento degli emolumenti dovuti ai tesserati. Il termine del 16 novembre, infatti, è stato posposto al 1° dicembre 2020.

Ma questo non impedirà certo alle società, già in crisi di liquidità, di chiedere ai propri giocatori una riduzione dei compensi (con un taglio agli stipendi in Serie A si può risparmiare fino a 300 milioni). Forse è arrivato davvero il momento di sedersi ad un tavolo. Si arriverà ad un accordo tra club e calciatori? Lo scopriremo presto.

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