Si agita la comitiva che segue ma non insegue, sia chiaro, il Napoli capolista. Tosta la partita tra Roma e Verona, arbitraggio di Sozza scadente ai massimi, in linea con la mediocrità della categoria, solita grandiosa prova di Smalling (il Manchester United lo mollò per prendere, a 87 milioni, Maguire!), vittoria con gol di Solbakken, Mourinho ha perso Abraham, uscito con il volto tumefatto, giallorossi in affanno evidente, terzi con il Milan ma sono sempre diciotto i punti dal Napoli. Rientrato abile e arruolato Ciro Immobile, con due gol pesanti, ecco che la Lazio abbandona l'isoletta della crisi sulla quale sembrava essersi arenata, con i primi rumours su Sarri, la squadra biancazzurra approfitta della sbandata che ha colpito l'Atalanta umiliata, in casa, dai bravi e onesti ragazzi del Lecce, a conferma di un campionato carnevalesco, pieno di maschere e carri colorati da figure di carta pesta. Tra queste di sicuro c'è la Juventus che al ritmo di un passante si è esibita e vinto a La Spezia, invitando però alla noia. Davvero disarmante il modo con cui i bianconeri affrontano le partite, atteggiamento passivo, velocità smarrita nei tempi, schemi scarabocchiati e scelte singolari dell'allenatore, ormai in look esistenzialista. La Juventus è squadra opaca, Paredes è Parentes, un congiunto del campione del mondo, Vlahovic un fantasma, squadra svogliata ma svegliata dai colpi dell'unico fuoriclasse, Di Maria, margaritas ante porcos (Vangelo, secondo Matteo). È chiaro che il futuro passi da Nantes, giovedì prossimo sarà l'ultimo appuntamento per il livornese che non potrà bluffare con i suoi numeri fasulli. Post scriptum: calciatori e arbitri sono scesi in campo con la guancia macchiata di rosso, il colore del sangue, il colore della violenza contro le donne, brutalità umana che va combattuta dovunque e sempre.
Bello il gesto opposto all'ipocrisia della federcalcio e della Lega che poi vanno a disputare la supercoppa italiana in terre nelle quali il destino delle donne è segnato non dal rossetto sulla guancia ma dal sangue, dalla repressione e dalla lapidazione. Il rosso della vergogna non sta soltanto nei paesi arabi.
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