Il giorno dopo la sbornia è sempre quello più difficile. Abbiamo vissuto 13 giorni di tennis italiano maschile come non si vedeva da decenni e adesso - come ha detto anche l'ex tricampione del Roland Garros Gustavo Kuerten - arriva il momento più complicato. Abbiamo scoperto Matteo Berrettini, abbiamo tifato Fabio Fognini, abbiamo sognato con Marco Cecchinato. Che ha fatto il massimo possibile, dopo aver lottato due set contro Dominic Thiem mettendo in campo tutto quello che aveva in corpo. Poi è arrivato il terzo set, ed è su quello che il nostro tennis deve lavorare.
La semifinale contro il golden boy austriaco si è praticamente giocata nel tie-break del secondo set, colpo su colpo e con a un certo punto la palla per vincere sulla racchetta di Marco. Lì si è vista la differenza, perché Thiem il set se lo è andato a prendere da campione e il match si è trasformato in un lento scorrere verso l'inesorabile. Un finale quasi ingeneroso, ma assolutamente inevitabile.
C'è stato comunque il risveglio, dopo giorni in cui Marco - e con lui il tennis - hanno strappato spazi sulle prime pagine dei giornali, per celebrare un miracolo sportivo e la gioia di rivedere questo sport così in alto. Perché il tennis, nonostante tutto, è un gioco che gli italiani amano e praticano. In cui si rivedono e per cui soffrono. Parole, interviste, celebrazioni: e adesso? Il futuro di questo sport va un po' in parallelo con quello di Cecchinato: fare l'ultimo passo. Quello che ti porta in finale e dopodiché al trionfo. Il tennis ora deve tornare a fare la differenza.
La fortuna è che Cecchinato - così come Berrettini d'altronde - si è dimostrato un ragazzo serio e determinato, con uno staff all'altezza del risultato che ha conseguito. E non è un caso che tutto questo si sia realizzato in un momento in cui sono gli stessi giocatori a ringraziare la federazione per il supporto. Perché quando c'è unità d'intenti, il viaggio è più sicuro. E allora: cosa resta da fare? Ad esempio imparare ad ottenere quello che ci manca: ragionare, finalmente, da grandi. Quello che ha fatto Thiem in quegli ultimi punti del tie-break.
Questo vale per Cecchinato, che ora avrà il compito di fare tesoro di quanto successo e immagazzinarlo per fare ancora meglio. Per intenderci: vogliamo il Marco dei primi due set di ieri, forse ancor più di quello visto con Djokovic. Perché nel tennis la prova del nove è sempre più difficile dell'equazione impossibile che un giorno improvvisamente ti viene. Marco ha le doti, il cervello, il gruppo di lavoro per restare lì dov'è ora arrivato: il numero 27 al mondo. E sicuramente di andare anche oltre. Ma la prossima volta il terzo set dev'essere giocato. Così come lo deve giocare tutto il movimento, perché oltre a un grande torneo adesso vorremmo avere grandi giocatori, altri Cecchinato nei momenti che contano.
La ricetta forse è cancellare odi personali e liste di indesiderati, è mettersi a lavorare insieme per fare quell'ultimo passo. Quell'ultimo set. Marco, in questi giorni, ci ha indicato la strada. Noi, con lui, siamo pronti a ubriacarci ancora.
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