Traditi dai rigori. Ancora una volta. Come nell'europeo del 2008. È una serie infinita, chilometrica di tiri dagli undici metri. Sbaglia l'ultimo della filiera azzurra, il meno portato alla missione, forse, Leonardo Bonucci dopo sei su sei dei suoi sodali azzurri. Non sbagliano niente dal dischetto gli spagnoli, da Xavi fino a Navas. E passano loro in finale, domenica notte al cospetto del Brasile. All'Italia tocca la finalina di domenica alle 18 con Cavani e il suo Uruguay. Respinta l'Italia generosa e commovente di Prandelli, dopo una prova degna di applausi e di molte lodi. Sempre in partita, sempre in grado di mettere ansia e pressione ai campioni del mondo. Risultato tenuto in bilico sul ciglio dello 0 a 0 per 120 minuti interminabili: di qua le parate prodigiose di Casillas su Maggio, poi il palo di Giaccherini, di là una prodezza di Buffon e un legno scheggiato da Xavi. Perfetta parità? No, non è andata proprio così. Specie nella prima frazione infarcita dalla crisi della Spagna e dalla visione tattica della Nazionale, capace di prendere al lazo i rivali accreditati di uno scontato pronostico. E invece devono sudare la finale, devono inseguirla fino all'ultimo penalty, devono rischiare di finire sotto prima di sorridere dinanzi all'errore di Bonucci e alla stoccata di Navas. Prandelli e i suoi possono uscire a testa altissima da Fortaleza. Non c'è molto tempo per recuperare energie vitali, forse la vera Confederations finisce qui. Con una prova orgogliosa e molto, molto promettente per il mondiale che verrà. Se non hai artigli (Balotelli), devi provare a farcela con le unghie. E scalare con le unghie la Spagna non è mai così semplice.
Ci sono un paio di sorprese, piacevoli, che ci fanno dimenticare la nostalgia canaglia per Stefano, Stefano Borgonovo (a lui la dedica di Prandelli) e la malinconia per la solita contabilità aggiornata degli incidenti (camion tv incendiato prima della semifinale). La prima è l'accoglienza del pubblico brasiliano dell'arena Castelao di Fortaleza: sono quasi 60 mila e sono tutti dalla parte degli azzurri, in modo sfacciato e interessato. La seconda sorpresa è dettata dal film del primo tempo: la Nazionale è in buona salute, ha sufficiente benzina nel serbatoio e idee chiarissime su come aspettare il tiqui taca e come attaccarne le fragilità. Merito della scelta tattica di Prandelli: allagare la propria metà-campo per far scattare le molle sui binari, dove Jorge Alba e Arbeloa non hanno grande attenzione dedicata alla fase difensiva. Così, a sinistra Giaccherini può guadagnarsi qualche prezioso break, mentre a destra, Maggio (col sostegno di Candreva) può sfondare un paio di volte e diventare l'attaccante più pericoloso del gruppo. Due le occasioni in cui, di testa, la freccia napoletana riesce a mettere in crisi Casillas che se la cava invece con mestiere e con talento. Dalle parti di De Rossi, su punizione di Pirlo, spiove una palletta appena sfiorata davanti alla porta spalancata. In sintesi: è la Nazionale che meriterebbe di saltare in vantaggio, fa niente se Gilardino fa da spettatore o se Marchisio collabora in modo discutibile. L'armata di Del Bosque, intrappolata dalla gigantesca rete azzurra stesa, si libera una sola volta, con Fernando Torres davanti a Buffon: il suo sinistro è un sospirone di sollievo per la panchina italiana. L'intervallo risulta utile per suggerire qualche correzione ai rivali (fuori Silva, dentro Navas), dettato dall'acciacco di Barzagli il cambio di Prandelli (dentro Montolivo con De Rossi retrocesso al centro della difesa, proprio come a Danzica, nella sfida inaugurale dell'europeo). Nella ripresa sono gli spagnoli a farsi finalmente vivi con Iniesta e Piquè ma la loro mira è da dimenticare. Poco incisivi invece gli azzurri, stremati da stanchezza e acciacchi: per esempio Gilardino è l'ombra del centravanti che conoscemmo ai tempi di Parma, Milan e Fiorentina, Pirlo ha bisogno della borsa del ghiaccio in testa per difendersi anche dal caldo umido.
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