Sport

Gli oriundi in nazionale non diventino la regola

Ci fu un tempo in cui la Nazionale di calcio divenne l'Italia degli oriundi con la possibilità di schierare il meglio del talento sbarcato nel nostro calcio, da Maschio a Sivori, da Ghiggia e Schiaffino ad Altafini passando per Montuori e Lojacono

Gli oriundi in nazionale non diventino la regola

Ci fu un tempo in cui la Nazionale di calcio divenne l'Italia degli oriundi con la possibilità di schierare il meglio del talento sbarcato nel nostro calcio, da Maschio a Sivori, da Ghiggia e Schiaffino ad Altafini passando per Montuori e Lojacono. L'esito tecnico, mondiale in Cile rovinato da uno scandaloso arbitro inglese e da una stoccata di Toro, fu semplicemente disastroso (eliminazione nel girone) a tal punto da suggerire un ritorno, immediato, alle origini del vivaio nazionale. Faticoso e lungo fu l'attraversamento del deserto ufficialmente realizzato con l'europeo di Roma (1968) e il secondo posto al mondiale del Messico (1970). L'ultima convocazione di Antonio Conte, prima del 2015, in vista di due appuntamenti prestigiosi (viaggio a Sofia per la qualificazione europea, amichevole a Torino con l'Inghilterra per far pace col mondo Juve), riapre l'annosa questione. Perché dell'elenco fanno parte, oltre a Marchetti (chiamato per il ko di Perin), il debuttante Valdifiori dell'Empoli (per le assenze contemporanee di Pirlo e De Rossi) e un paio di "oriundi" appunto, Eder della Samp, e Vazquez del Palermo, entrambi con stretta parentela italiana.

Qui è il caso di procedere subito a un chiarimento: non sono in discussione convinzioni di natura politica o ideologica. I due argomenti da dibattere sono la dimensione stessa del fenomeno e la sua convenienza. Il primo ad aprire il varco fu Trapattoni con Camoranesi, esponente della magnifica schiatta degli azzurri eroi di Berlino e del mondiale 2006. Giocava nella Juve, poteva risultare utile in un centrocampo povero di talenti. Da allora sono saltate le marcature e ogni qualvolta è spuntato un fiorellino nel cortile di casa nostra, ecco la proposta di tesserarlo subito come azzurro. Anche con Dybala han provato ricevendo però un cortese ma deciso rifiuto del ragazzino che ha in testa di fare ditta con Messi. È vero che con Balotelli sempre più avvitato su sé stesso (ieri si è fatto "placcare" da un tifoso), Giovinco in Canada e Insigne alle prese con un pesante infortunio, il ct ha poche cartucce a disposizione. È vero anche che ha reclutato Gabbiadini (solo Benitez a volte lo ignora colpevolmente) e che Immobile, Pellè e Zaza sono le rare bocche di fuoco disponibili, ma incrementare il numero degli oriundi è una scorciatoia pericolosa. Perché da un lato si tappano momentaneamente falle e dall'altra si determina l'impoverimento del senso di appartenenza che è una delle virtù da coltivare.

Se vale il concetto dell'utilità, gli oriundi possono e devono diventare l'eccezione, non la regola.

Commenti