di Benny Casadei Lucchi
«F orse questo titolo è arrivato anche troppo presto». Ha detto così Marc Marquez. Ha detto qualcosa che più ci pensi e più ti convinci che non ha solo una marcia in più il ragazzo. E non è solo intelligente. Lo è di più. E non è solo istinto talentuosamente inarrivabile ma è anche pensieri e parole e calcoli e previsioni. Marc non si limita a rischiare in pista, bensì adora infierire con il fioretto delle manovre e dei sorpassi tanto quanto con la spada delle parole. Per questo butta lì con finta ingenuità quel «forse ho vinto il titolo troppo presto». Così fa l'umile e al tempo stesso fa un male cane a chi l'ha perso il mondiale. E fa soffrire chi non è mai stato in gioco nel mondiale. Meraviglioso figlio di...
È proprio vero: Marc non ha una marcia in più, ne ha mille. Forse, e vien male forte solo a pensarlo, persino qualcuna in più di Valentino Rossi a cui si ispirava da bambino, a cui ha copiato mitiche manovre quest'anno, a cui ruberà gloria negli annali del motomondo. Bruttissimo pensiero questo. Soprattutto per noi italiani, soprattutto pensando a quanto dato dal Fenomeno di Tavullia. Un pensiero quasi sconcio. Da correre nella chiesa dei motori, nel confessionale dei motori, da qualche sacerdote dei motori a far giurin giuretta non lo dico più, non lo scrivo più, non lo penso più, perdono perdono perdono. Eppure, pensateci: è stato talmente dirompente il cammino del ventenne spagnolo che l'insano pensiero trova terreno fertile per insinuarsi. Più giovane di sempre in pole, più giovane di sempre a vincere un Gp, più giovane di sempre a conquistare il mondiale, unico con Kenny Roberts, una vita fa, a riuscirci nell'anno del debutto. E altri, tanti primati ancora. Per dire: Valentino aveva 21 anni nella stagione del debutto nella classe regina. Anche lui con una Honda che non era ufficiale nei colori ma lo era nell'anima tecnica. Quindi ad armi pari con Marquez. Chiuse il campionato secondo.
Già, Valentino. Fa effetto pensare anche questo: a inizio stagione era stato lui il primo a indicare all'intero moto mondo quel che sarebbe stato Marc Marquez. L'aveva fatto capire più lui della Honda stessa, più lui dei manager e dei tecnici di Marc, più lui persino del team principal Livio Suppo, che in una lunga e profetica chiacchierata quando neppure i test invernali erano iniziati, ci aveva comunque detto «non avete idea di quanto sia forte questo ragazzo...». Valentino l'aveva segnalato nel modo più evidente possibile. Rendendogli subito onore in Qatar, appena tagliato il traguardo, lui secondo e Marc terzo, già col record del podio più giovane. Un gesto inusuale quello del Vale. Per lui e per i piloti in genere.
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