Arresterebbe ancora il capitano della Lazio Stefano Mauri. Guarda «solo a quello che decidono i giudici veri» perché «giustizia sportiva e giustizia ordinaria convivono a fatica». Si rammarica perché nei primi processi i giudici sportivi «prendevano le nostre carte, ascoltavano gli interessati e decidevano». Ora invece si sono messi in testa di fare processi sentendo direttamente i testimoni, alcuni addirittura prima dei giudici ordinari. È «pericolosamente rassegnato» Roberto Di Martino, procuratore della Repubblica a Cremona, che dal giugno 2011 conduce l'inchiesta del calcioscommesse tra annunci (clamorosi colpi di scena nel prossimo settembre), dichiarazioni sulla fine del calcio, arresti a singhiozzo (giugno 2011, dicembre 2011, maggio 2012), sterminati elenchi di indagati (circa 150 nei vari filoni). E quando la sua impostazione accusatoria viene smentita da una sentenza della giustizia sportiva si sfoga con Gazzetta dello Sport e Repubblica. Il pm non parla, «tuona» (titolo roseo), non capisce come abbiano potuto prosciogliere il genoano Omar Milanetto e squalificare per soli sei mesi Mauri (lui li aveva fatti arrestare entrambi), malgrado ci siano «elementi che ne aggravano la posizione».
Elementi però che Di Martino non ha potuto fornire «per ovvi motivi» al procuratore federale Palazzi. Antonio Conte, ancora una volta tirato in ballo a sproposito, venne deferito per aver criticato una sentenza della giustizia sportiva. Al pm Di Martino solo gli ossequi dei garantisti a seconda.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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