Les Bleus, abbiamo un problema. Con nome e cognome, peraltro. E un pedigree che davvero prometteva altro. Poi, magari, oggi Antoine Griezmann sfregherà la sua personalissima lampada e ne usciranno magie in serie. Del resto, agli Europei 2016 fece più o meno lo stesso: un gol nella prima fase e poi l'esplosione, andando a segno negli ottavi di finale contro l'Irlanda (doppietta), nei quarti contro l'Islanda e in semifinale contro la Germania (altra doppietta). Vero che poi arrivò il ko in finale contro il Portogallo, ma Le Petit Diable si laureò capocannoniere e miglior giocatore della manifestazione. «Non toccate il mio Grizou», ha urlato nei giorni scorsi Pogba. «Può fare di più, ma arriverà anche lui», ha ribadito il ct Deschamps.
Oggi, è il giorno in cui arrivare: ottavo di finale contro l'Argentina, match secco e per di più con la sfida a Messi. Che di Griezmann avrebbe anche potuto essere compagno di squadra, se questi non avesse deciso di rimanere un colchonero dell'Atletico Madrid. Storia che fu, ormai. Di sicuro, però, i Mondiali del numero 7 sono stati finora insufficienti: un solo gol (su rigore) e, soprattutto, prestazioni incolori. Senza nerbo, quasi. Con le gambe molli e quel filo di egoismo che non va bene a nessuno quando non giri al massimo. «È normale che intorno a lui ci sia grande attesa ha spiegato ieri capitan Lloris -. E' un grande giocatore: ha iniziato timidamente dal punto di vista statistico, ma si è sforzato di aiutare la squadra». Difesa d'ufficio. Inevitabile. Pur se in patria qualcuno (Le Parisien, per esempio) si è già chiesto se non sia il caso di lasciarlo seduto. «Ha l'aria triste, comincia a essere inquietante ha esagerato Jean Petit, ex allenatore del Monaco -. Ha perso la gioia di giocare». «La preparazione è stata dura ha replicato l'attaccante -. Martedì ho giocato la partita numero 63 della stagione, ma ho fiducia nel mio gioco. Mi sono già sentito meglio rispetto ai primi due match: ho grande fiducia, sì».
Avanti, allora. Con il 4-2-3-1 che Deschamps ha cucito addosso alla squadra strada facendo, conquistando sette dei nove punti disponibili nel girone e facendo pure riposare per gran parte dell'ultimo match Kylian Mbappé. Pure lui, vent'anni ancora da compiere e protagonista la scorsa estate di un trasferimento monstre dal Monaco al Psg (145 milioni, più 35 di bonus), è finito nel bersaglio di alcune critiche: meno però del suo compagno di reparto, atteso a mirabilie anche perché autore del gran rifiuto al Barcellona e forte di un rinnovo contrattuale da venti milioni a stagione.
Ai soldi, comunque, oggi nessuno baderà. C'è da inseguire il sogno di un Mondiale che manca dal 1998, da quando Deschamps e Zidane erano in campo, Griezmann aveva sette anni e Mbappé doveva ancora uscire dalla pancia della mamma.
Forse anche per mettere freno a un po' di ansia, lo stesso Deschamps ha archiviato in fretta la formula tutti giovani per affidarsi anche a grandi vecchi quali Giroud e Matuidi: più che l'esuberanza, in certi momenti, vale l'esperienza. «Gli argentini sono dei guerrieri la chiosa del ct -. Noi dovremo badare a noi stessi e basta. Messi? Non lo si può fermare». Limitare sì, però.
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