Brasile 2014

Il ct non è più sulla graticola. Scatto culturale o piaggeria?

Sacchi agli Europei '96 fu scorticato, con Trapattoni furono più teneri. Per ora a Prandelli viene perdonato tutto, forse anche perché è renziano

Per Prandelli shock Costa Rica
Per Prandelli shock Costa Rica

Fosse capitato ad Arrigo Sacchi, lo avrebbero già sbranato. E infatti capitò. Quando? Due anni dopo quel mondiale recuperato con un colpo di reni spettacolare dopo la sconfitta iniziale con l'Irlanda. Agli europei inglesi del '96 Arrigo partì col piede giusto, piegata la Russia, poi inciampò con la Repubblica Ceca (in dieci per l'espulsione di Apolloni) e alla fine per il pari rimediato con la Germania (rigore parato di Zola) deragliò. Destino opposto quello riservato al caro vecchio, inimitabile Giovanni Trapattoni: fu eliminato in Giappone dalla Corea e se la presero tutti con Moreno, l'arbitro ciccione poi accusato in patria di illecito. Toppò all'europeo successivo del 2004 e molti di noi fecero la morale a Danimarca e Svezia per il “biscotto” servito in quella occasione. Per sua fortuna, Cesare Prandelli ha ricevuto un trattamento simile a quello di Trap. Forse perché, anzichè lodare il premier dell'epoca Silvio Berlusconi come fece il Ct di Fusignano, il nostro non ha nascosto amicizia e simpatia dichiarate per Matteo Renzi, il nuovo astro della politica italiana che «piace alla gente che piace». Non solo per questo, intendiamoci. Al mondiale Cesare si è presentato con un curriculum di tutto rispetto: è arrivato secondo, dietro la Spagna all'Europeo e terzo in Confederation cup. Non solo ma non gli hanno risparmiato schizzi di veleni per l'esclusione di Pepito Rossi, la scelta di Paletta al posto di Ranocchia e la scoperta (mossa felice) di Darmian. Tutto sommato, poca roba. Lo schieramento dei media lo ha assolto e protetto dai veleni eccessivi giunti dai tweet di parenti e procuratori.

Dopo la partenza felice con l'Inghilterra, lodi e complimenti. Il tiki taka con Verratti al fianco di Pirlo? Una genialata. Darmian? Scelta coraggiosa. E via di questo tenore. Fin qui tutto regolare. Come spiegò una volta l'avvocato Agnelli arrivando a Marino per consolare gli azzurri dopo la sconfitta a Napoli contro l'Argentina: «Le vittorie hanno tanti padri, le sconfitte sono orfane». Dopo la sconfitta con la Costa Rica, qualche sferzata sulla schiena in un panorama non ostile. I quotidiani sportivi hanno scelto la via patriottica. «Crediamoci» ha titolato uno. Mai mancato il sostegno della «rosea» che ha condiviso la filosofia della missione brasiliana. E sul Corsera, la firma prestigiosa di Aldo Cazzullo è intervenuta in anticipo sull'evento per mettere alla berlina la caccia preventiva al ct, lo sport preferito di questi giorni brasiliani. Così Mario Sconcerti ha sentenziato sabato mattina che «non è colpa del Ct, è stata solo una partita giocata male».
Sul banco degli imputati sono finiti i profeti mancati: innanzitutto Balotelli per quel gol sbagliato nel primo tempo, qualche censura si è abbattuta persino sul monumento Buffon, il nostro Garibaldi, per l'uscita non proprio esemplare sul gol di tale Ruiz, infine hanno imbastito un processo per direttissima al caldo, alla sauna di Manaus. Se fosse il segnale di un cambio di cultura del calcio italiano in senso generale, allora ci sarebbe solo da apprezzare. Se invece fosse solo l'omaggio «alla gente che piace», allora sarebbe allarmante. Perché poi alla prossima sfida finita male, e con l'Uruguay la Nazionale si gioca la qualificazione, cioè la vita, il minimo garantito insomma, le cautele di taluni salterebbero in aria come tappi. D'altro canto, è il destino, crudele, di un Ct al mondiale. Pensate a Scolari, scorticato vivo in Brasile per il pari col Messico, oppure Zac, che ha regalato la coppa d'Asia al Giappone, e risulta infilzato dalle frecce di Nakata, o ancora a quello dell'Argentina attaccato per il calcio deludente dei suoi da Maradona che da quelle parti è sempre un oracolo. Solo Deschamps, Löw, e in parte Van Gaal, hanno raccolto carezze.

In Spagna hanno dato una lezione: giù la testa per la sconfitta ma senza però dimenticare la gloria regalata da Vicente Del Bosque. Vuoi vedere che anche la critica italiana è uscita dalla foresta?

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