Il ct Uguagliati «Tutti a scuola in auto»

nostro inviato a Londra

Dicono sia il Prandelli dell'atletica. È qualcosa di più. Francesco Uguagliati, padovano, classe 1955, dal 2009 è il direttore tecnico dell'atletica azzurra, atletica che qui, a Londra, arriva per salvare il salvabile, non certo per stupire. Uguagliati è colui che sceglie gli atleti da mandare alle olimpiadi, ma anche colui che deve tenere le fila dell'intero movimento, deve organizzare l'attività tecnica federale, deve seguire i giovani atleti dalle scuole primarie «all'età aurea dello sportivo», come la chiama lui. Sì, è qualcosa di più di un ct, però ha molto di meno di un ct del calcio. Gli mancano risorse, nel senso umane. Atleti, insomma.
Si dice che certi sport rubino campioni all'atletica leggera.
«Non rubano ovviamente, però è vero che le ragazze del volley potrebbero essere delle ottime saltatrici in alto, gli uomini del basket dei saltatori, quelli del rugby dei lanciatori. Ma il problema è un altro: è che, rispetto al passato, l'atletica riveste un ruolo diverso. Una volta a scuola era lo sport più praticato, adesso le alternative sono molte».
Alternative che piacciono di più ai genitori.
«No, è che dopo elementari e medie, quando tocca al giovane proseguire, quando i genitori lo spingono meno, ecco che la maggior parte lascia. Per scoprire poi la corsa e che lo sport fa bene quando incomincerà a ingrassare e avrà 30 e 35 anni… Ma l'età aurea di un atleta a quel punto sarà andata».
Potere della pancetta. Risultato?
«Ci ritroviamo con giovani che vengono da altre nazioni».
La generazione Balotelli che cosa ha di più.
«Sono atleti che hanno più fame, più volontà, più voglia di emergere e questo li stimola a scegliere un'attività sportiva per dare un senso alla loro vita, anche a livello economico. Ce ne sono tanti in Italia: credo che a livello juniores, per il 2016, metà della squadra sarà composta da ragazzi stranieri naturalizzati o nati da noi».
Pochi atleti italiani. Andiamo per gradi. A livello famiglie che cosa si potrebbe fare per migliorare?
«Per esempio i nostri figli, mi ci metto di mezzo anche io, si sono abituati a mamma e papà in auto o coi suv che li accompagnano sempre a scuola e poi vanno a riprenderli. Cominciamo a farli camminare di nuovo, ad andare in bicicletta. In pochissimi giocano per strada, nei parchi, nei cortili, nei giardini. Seguono qualche corso fino a che i genitori li spingono, poi smettono. Alla fine è chiaro che i keniani vincono… perché sono abituati… lo dico banalizzando… a fare 30 km a piedi per andare a scuola».
Questo per le famiglie. E a livello scolastico?
«Da noi manca un'attività sportiva scolastica, soprattutto nella scuola primaria, alle elementari, che sia ben costruita, ben definita. E alle medie con due ore a settimana non si fa praticamente nulla. Così perdiamo ragazzi».
E all'estero?
«Abbiamo avuto incontri con francesi, tedeschi, inglesi, anche con gli spagnoli.

In Francia, il ministero dello sport retribuisce 100 insegnanti di atletica dislocati in tutte le regioni del Paese. E con modalità diverse anche Germania e Inghilterra dispongono di sistemi simili per individuare risorse umane e per avviare all'atletica».

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