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Dai palazzetti alle arene fino alle piste. Così il silenzio ha cambiato la storia

Nel basket e nella pallavolo mancano spinta e provocazioni, nel tennis basta distrazioni. Solo per i piloti tutto come prima

Dai palazzetti alle arene fino alle piste. Così il silenzio ha cambiato la storia

Il frastuono e le sensazioni di una volta, la tensione accompagnata dai boati dei tifosi. Una normalità che per lo sport ai tempi della pandemia rischia di sprofondare nel passato, con la psiche quasi abituata al silenzio e l'impressione di aver smarrito un fattore importante. Perché il pubblico in tante discipline è un fattore a tutti gli effetti, riveste un ruolo e non assiste soltanto.

Il calcio rimane la cartina tornasole principale, ma pagano dazio in tanti e addirittura quando i presenti non se ne stanno in silenzio come dovrebbero - come a volte succede nel tennis - finiscono per influire il doppio. Ne sa qualcosa Novak Djokovic, che proprio all'inizio di questa stagione ammetteva di «sentirsi scoraggiato quando la gente incita Federer e Nadal. Lo metti in conto, ma quando sei in campo fa la differenza». Addirittura nel 2017 al Masters 1000 di Miami il Crandon Park diventò uno stadio di calcio a cielo aperto, con tifo spassionato per Federer, ma anche fischi e boati a ogni errore di un nervosissimo Kyrgios. Ai tempi del virus sembrano scenari remoti, il tennis è ripiombato per lunghi periodi in un silenzio di tomba che azzera i biglietti venduti e non impatta solo sui portafogli degli organizzatori.

Di colpo i campioni più acclamati si sono ritrovati in campo come di fronte allo specchio, senza un contorno, che in occasione delle Finals Nba diventava un vero e proprio show, una valanga monocolore pronta a sospingere i campioni sul parquet: dietro l'angolo ci sono le finali più atipiche nella bolla di Orlando e di colpo ritornano le parole di LeBron James dello scorso marzo, quando la pandemia stava dilagando e lui difese a spada tratta i fan: «Io gioco per i tifosi, noi abbiamo bisogno di loro. Non ho mai giocato in un'arena vuota e mai lo farò».

Così come è sparito il consenso, non c'è traccia nemmeno del dissenso, che spesso rappresentava un freno alle qualità o alle dinamiche di squadra, come più volte è accaduto all'Olimpia Milano tra fischi e mugugni. In genere la percezione aumenta in location ancora più raccolte come i palazzetti: non a caso, al PalaPanini di Modena, la passata stagione Ivan Zaytsev mostrò un bel dito medio a un tifoso che l'aveva preso di mira.

Una vera e propria privazione sensoriale, ma non destinata a tutti, visto che per alcuni sport il distacco è stato meno traumatico, soprattutto in Formula Uno e Moto Gp, abituate a una cornice più distante, destinata a soccombere rispetto al rombo dei motori e all'adrenalina che straripa quando si spengono i semafori rossi. Un caso a parte è quello del ciclismo, dove gli arrivi in volata a porte chiuse non sono comparabili alle grandi salite messe al bando, come successo di recente al Tour de France. Ognuno ha il suo pezzo mancante e all'orizzonte ci sono le incognite per l'Olimpiade di Tokyo.

La festa dello sport senza l'invitato principale sarebbe il colpo più duro.

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