L'adagio di stagione si ripete anche all'Olimpico: Juve bastonata, Juve rigenerata. E così Allegri mette in bacheca il primo pezzetto di triplete sullo stesso campo dove domenica aveva subìto uno stop, catalogato nell'ambiente bianconero come un semplice incidente di percorso in un'annata così ricca di impegni, che di fatto ha rinviato la festa scudetto.
Stavolta festa è stata, sotto gli occhi del presidente Mattarella che ha consegnato il trofeo nelle mani di capitan Chiellini. I bianconeri centrano quindi un traguardo da iscrivere già negli annali: la terza Coppa Italia di fila, un'impresa che diventerà ancora più storica se unita alla più che possibile terza doppietta consecutiva con il campionato. Quella ricarica dopo un passo falso, diventata più volte slancio positivo - Chiellini dixit alla vigilia - ha fatto di nuovo effetto. Così come ha fatto effetto il turnover applicato da Allegri per la gara meno importante, quella con la Roma (ieri sera, contro la Lazio in campo c'era la squadra che arricchita da Khedira - se recupererà - e Pjanic, sfiderà il Real). Tutto nella logica dello stop and go attuato dal tecnico toscano, bravo nella gestione di una serie infinita di partite (ben 55 finora in nove mesi). La Juve faccia ora tutti gli scongiuri del caso, ma anche il cammino dell'Inter da en plein sette anni fa iniziò con la vittoria del trofeo nazionale.
Il maggiore tasso tecnico, il dominio sulle fasce, la solita impenetrabile difesa fanno la differenza su una Lazio volenterosa ma certamente penalizzata dall'uno-due micidiale incassato in 24 minuti e da Parolo non al top che ha retto in campo appena un quarto d'ora. Eppure il palo iniziale di Keita, scaturito da un tocco di mano involontario di Barzagli, poteva cambiare la storia della partita. Della Lazio rimane il tardivo tentativo di riaggrapparsi alla partita, come testimoniano le due parate prodigiose di Neto agli albori della ripresa.
Juve in campo con il modulo che quattro mesi fa fu tenuto a battesimo allo Stadium proprio dalla Lazio. Il modulo che è stato la chiave della cavalcata italiana ed europea bianconera. Solo cinque però gli interpreti in campo già il 22 gennaio scorso: tra questi Mandzukic, che regala la solita partita di sacrificio e rimedia pure qualche punto di sutura al sopracciglio per uno scontro fortuito con Bastos, e Dybala, autore di alcune devastanti progressioni che potevano risultare pericolose. Entrambi hanno stretto i denti per i recenti acciacchi fisici. La Lazio aveva cominciato con il piglio giusto: schema tattico ormai collaudato con Keita al fianco di Immobile e squadra molto corta. Il primo gol subìto da Dani Alves (altra rete pesante per il brasiliano dopo quella al Monaco) sul perfetto cross di Alex Sandro ha smontato il piano costruito da Simone Inzaghi, visto che la sua squadra è più a suo agio quando può sfruttare le ripartenze. La Lazio fatica a riprendersi e incassa anche il 2-0 da Bonucci, mai così prolifico a livello realizzativo come in questa stagione (sei i gol in 44 gare stagionali più quello segnato in azzurro contro l'Olanda). Il difensore si inserisce bene in area e sfrutta la "spiazzata" decisiva di Mandzukic.
Keita va pian piano spegnendosi, meglio Felipe Anderson, arma della disperazione di Inzaghi, nella ripresa.
Al netto delle parate di Neto, portiere di Coppa sempre affidabile, la Juve non sembra perdere mai il controllo del match, Immobile spreca, ma Higuain fallisce il 3-0. La Juve alza il primo trofeo stagionale, la Lazio si inchina come nel 2015: i bianconeri restano la sua bestia nera (13 ko nelle ultime 14 gare dirette).
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.