Il dibattito è aperto: per arrivare al traguardo dello scudetto serve avere un attacco stratosferico o incassare pochi gol? Se la nostra serie A dimostra di avere una propensione sempre più offensiva (c'è una media di tre reti realizzate a partita in quest'inizio di stagione), la difesa impenetrabile rimane un punto di forza. Lo dicono gli ultimi sei campionati in ordine di tempo: il titolo è andato alla squadra con meno reti al passivo (tre all'Inter, due alla Juve e uno al Milan). E se guardiamo agli ultimi 10 (da quando cioè si è passati alle 20 formazioni in A), ben otto volte è stata la retroguardia a fare la differenza.
Quest'anno la Roma di Garcia è sulla stessa falsariga: l'invalicabile bunker (un gol incassato in 810 minuti, nella storia come i giallorossi solo il Cagliari e l'Inter della stagione 1966-67 che però non vinsero il titolo) è il vanto del gruppo del tecnico di Nemours, è il puntello sul quale sta costruendo i successi di una squadra che sta stupendo l'Europa, unica a punteggio pieno. Un congegno pressoché perfetto, nato sulle ceneri del reparto colabrodo di Luis Enrique (8 gol in 9 giornate due anni fa) e soprattutto di Zeman (addirittura 16) e gestito dall'esperienza di De Santis in porta e dai navigati Balzaretti e Maicon sulle fasce, al centro dal muro a doppia mandata Benatia-Castan fino al salvavita De Rossi a tamponare appena più avanti, con il contributo di tutti gli altri. «Ci teniamo a non subire gol perché chi ha la miglior difesa arriva lontano - ha sottolineato in una recente intervista Capitan Futuro -. Curiamo tutti i particolari, vogliamo gestire la gara fino alla fine. Siamo avvelenati nel non subire gol, per questo mi sono arrabbiato dell'ammonizione presa sul 5-0 contro il Bologna...».
La difesa della Roma è una trappola micidiale per gli attacchi avversari che devono accontentarsi di tirare da fuori rischiando le folate in contropiede che hanno timbrato i nove successi. E la squadra di Garcia richiama alla memoria i migliori reparti alla base dei record e dei trionfi dell'Inter di Herrera (difesa arroccata per favorire il contropiede di Mazzola e Jair), della Juve del Trap e di Capello (con la retroguardia che era anche quella della Nazionale campione del mondo del 1982 e del 2006) e del Milan di Sacchi (grande attacco, ma anche difensori straordinari guidati da Baresi e Maldini). Guardando poi agli scudetti giallorossi, le squadre di Liedholm (1982-83) e Capello (2000-01) subirono 7 gol nelle prime nove partite, quella di Alfréd Schaffer (1941-42) addirittura 8. E la Juve dello stesso Capello del 2005-06, con la quale condivide il record di 9 vittorie, ne aveva subiti 2, segnando tra l'altro 18 reti (5 meno della Roma attuale). Nel campionato italiano solo il Torino 1947-48 (28 gol) e la Fiorentina 1958-59 (26) avevano segnato di più dopo 9 gare.
Da Trigoria, dove arrivano notizie confortanti su Totti e Gervinho (il capitano tornerà al massimo il 1° dicembre, l'ivoriano potrebbe essere in panchina giovedì con il Chievo), il condottiero Garcia ha già fiutato il pericolo dell'appagamento «estetico» e sta già suonando la carica: vuole un titolo, non i record.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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