Il grande ufficiale e cavaliere della legion d'onore compie oggi cinquant'anni. Mezzo secolo di Didier Deschamps sono una cosa bella per il football di Francia e non soltanto. Cinquant'anni con la sala piena di trofei, dai più dimenticati o trascurati, a coppe del mondo e dei Campioni, da calciatore e da allenatore, vittorie di campionato, in Francia e nella serie B italiana con la Juventus punita e retrocessa, una vita poco francese, nel senso che Dedé ha preferito le mezze luci, insieme a sua moglie Claudia e suo figlio Dylan («Così abbiamo le stesse iniziali sulla camicia»). Un'adolescenza niente affatto allegra e paciosa, un padre pittore e una madre commerciante, il fratello Philippe tragicamente scomparso, in un incidente aereo tra Bruxelles e Bordeaux e quel giorno il futuro campione che aveva vent'anni prese a vedere il buio, a perdere la fede in Dio che gli aveva strappato a lui e ai genitori quel pezzo di vita e di affetto.
Al giovane Dedé piaceva lo sport, andava a caccia e a pesca con suo padre, prese a praticare il rugby con il Biarritz Olympique ma si rese conto che con quel fisico sodo, spigoloso ma tendente al melone sarebbe finito massacrato. Dirottò, dunque, sulla pallamano, quindi sulla pelota basca e praticò qualche disciplina dell'atletica leggera finché, aveva undici anni, trovò il posto nell'Aviron Bayonnais il cui stadiolo porta oggi il suo nome e cognome in memoria del tempo antico. Dice di lui Bixente Lizarazu, un terzino di quelli feroci: «E' il Cristiano Ronaldo degli allenatori». Come? Perché? Deschamps si impone tre quarti d'ora di flessioni, sembra più in forma oggi nella sua terza età (si può definire questa) che quando menava il pallone per l'aia e arrivava addirittura a segnare i gol, 17 in tutta la carriera dopo averne realizzati 70 da giovanissimo. «Anche le querce fanno i limoni» disse un suo dirigente a significare che il tipo non avesse proprio i piedi raffinati ma che, alla fine, fruttava agrumi necessari.
Deschamps non accetta volentieri le critiche, quelle dei suoi ex colleghi soprattutto. Ha chiuso le trasmissioni con Dugarry, suo socio nel titolo del '98. L'ex milanista, prima dell'ultimo mondiale, poi vinto dalla Francia, aveva detto in televisione e ribadito alla radio che Deschamps era prigioniero dello spogliatoio e per questo non aveva convocato Benzema. L'affare Benzema ha spaccato in due i francesi: soprattutto ha macchiato di strisce oscene e accuse di razzismo la dimora a Concarneau di Deschamps che ha presentato denuncia nei confronti di ignoti. Karim Benzema era stato protagonista di una brutta storia, insieme con Ribery, in una boite parigina. Deschamps aveva cercato di recuperarlo, i due non riuscivano a parlare la stessa lingua, sta di fatto che Benzema è rimasto a casa e Deschamps ha vinto la sua seconda coppa del mondo, questa da allenatore, cosa che prima di lui era riuscita soltanto a Zagalo e Beckenbauer, non so se mi spiego. Dedé ama la musica, quella pop di Michel Sardou, tradisce il prosciutto di Bayonne con il pata negra iberico, sceglie i vini di Borgogna, insomma è uno che ama la vita ma non ne abusa, un po' come gli è capitato muovendosi in panchina, tra Marsiglia, Monaco, Torino. Durante l'ultimo mondiale lo si è visto riprendere il prodigio e moccioso Mbappé che irrideva gli avversari, rimproverandolo con parole che sono il riassunto della sua filosofia: «Smettila, mi fai cag...re». .
Oggi Dedé fa festa nel ritiro di Clairefontaine, domani c'è la Germania, sfida antica con la voglia pazza di spedire in serie B i tedeschi. Smaltito l'impegno, tre quarti d'ora di flessioni, una bottiglietta di Corona e, di corsa, verso la casa in Bretagna.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.