Mannò Messi, massì Modric. Detta in due parole, eccola qui la differenza del numero 10. Che terribile nostalgia veder il Maradona invecchiato contorcersi, in tribuna, nel veder giocate da asilo infantile. Altro che arte sua. A chi non sarà sfuggita una occhiata a cercare quei due, quel numero. Il numero 10 è attrazione e fantasia per la nostra fantasia di spettatori. E, allora, la domanda interiore spesso rincorre l'illusione di una giocata: Messi cosa fai? Modric dove sei? Il biondo cavallone croato sventolava la sua capigliatura da antico indiano, correva e si batteva: rincorreva, toccava palloni. Le maniche della maglietta parevano perfino rimboccate, come a dire: diamoci da fare. Gioco da atleta, numero 10 in edizione calcio moderno, il regista del Real Madrid ci metteva la forza e la testa, l'interpretazione che racchiudesse un segreto diverso dell'essere numero 10. Poi gli altri, poi tutto, poi infine lui con quel destro, final e dinamitardo, a dimostrare che il numero 10 non è solo bellezza ma è anima, piede e voglia di esserci. Magari la posizione non era quella classica tenuta al Real, ma poco importa: ci ha provato. Partita vinta, anzi stravinta.
La Pulce stava là in mezzo, ma c'era davvero? Quel passarsi la mano sul viso durante l'inno non era proprio il segnale di una felicità interiore, anzi di una tranquillità che dovrebbe rappresentare la forza di chi è più forte. No, non era quello il Messi che il mondo si aspettava. Più la partita apriva le sue voragini, più Messi pareva un numero 10 per caso, un po' depresso e un po' scocciato. Chissà? Vedersi intorno un branco di povere anime avrà spento la fiammella del suo credo. Non altrettanto esaltante veder cosa gli ha combinato intorno quel ct, riedizione argentina del mago Forest: fa ridere. Però questo Messi no. Non così, tutto fuorchè un depresso vagotonico a girare per il campo e pronto a metter il piedino per dovere di maglia più che per talento conclamato.
Messi e l'Argentina sono stati una cosa sola: piccoli e disperati. Poi ci si è messo il Caballero pasticcione preso dal virus Karius: vista la prima partita c'era da aspettarselo.
Ma chi doveva cambiare il mondo di una nazione in ginocchio davanti al suo idolo? Non un portiere un po' sgangherato. C'era Messi, bastava Messi. Doveva bastare Messi. Ma la storia non racconta storie: la maglia argentina è troppo grande e pesante per una pulce. Fuoriclasse-pulce era e pulce resterà. Comunque vada questo mondiale.
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