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Il dilemma degli interisti: meno soldi o più insulti

Le vie del bonus non sono infinite. Anzi sono finite. Serviva lo annunciasse un giovane cinese di stirpe industriale con la semplicità del bersi un caffè

Il dilemma degli interisti: meno soldi o più insulti

Le vie del bonus non sono infinite. Anzi sono finite. Serviva lo annunciasse un giovane cinese di stirpe industriale con la semplicità del bersi un caffè. «Sapete cosa c'è di nuovo? Bisogna ridurre gli stipendi». E il bello, o il brutto, è che lo ha annunciato appena vinto uno scudetto atteso 11 anni. Una bella raffreddata all'entusiasmo facile del «vinci e passa la paura». Il pallone d'Europa, quello di alto rango, ha ascoltato altre volte questa proposta. Ma non è andato oltre l'alzata di spalle. Poi qualcuno vede e provvede. Per dire il vero l'ingresso dei capitali degli sceicchi e degli oligarchi russi non ha agevolato la conversione ad un realismo economico. Ed ora siamo al realismo della sopravvivenza. Siamo alle vie del buon senso e dell'etica che devono venirsi incontro. L'etica dice che nessun giocatore ha messo una pistola alla tempia del datore di lavoro per ottenere uno succulento stipendio, comprensivo di bonus che, nel caso dell'Inter e di tanti, servono a premiare un successo o il raggiungimento di obbiettivi personali. Oggi l'Inter chiederà ai giocatori di tagliarsi due mensilità o, nel migliore dei casi, di spalmarle. È già accaduto ad altri club. Ed è difficile pensare che un calciatore di top club soffra di problemi economici nel tagliarsi due mesi di ingaggio. Ma i contratti vanno onorati e se un atleta (parola chiave per capire quale sia la contropartita) chiede di onorarlo sta pienamente nei suoi diritti. Bastava pensarci al momento della firma. Ma qui entra in gioco anche la famelica bramosia dei procuratori. E sappiamo com'è fatto il nostro mondo: i tifosi comincerebbero a guardare storto, pronti a mettere all'indice. Attenzione: mettere all'indice Donnarumma, che snobba un contratto da 8 milioni perché ne vuole 10 o 12, è un fatto. Ma chi vuole garantito quanto già firmato ha ragione. Quindi l'Inter rischia di mettere in difficoltà i giocatori più che dirigenti incapaci di trovare soluzione alla debacle economica del club. Non dimentichiamo che oggi chiede di tagliare due mesi di stipendio. Ma domani? Il problema si riproporrà, non basterà un prestito di 250 milioni di euro per sanare i mali. E qui veniamo al problema etico: è giustificato che le società distruggano i bilanci a causa di stipendi così esorbitanti? No. Nemmeno giustificabile. Servono nuove misure. Il salary cap è la soluzione più facile. E, comunque, vanno cambiate le trattative. Ma chi può imporlo? Solo l'Uefa. Tutti sappiamo che la sporca dozzina della Superlega aveva necessità di far fronte ad una unione di debiti da 6 miliardi. E l'Uefa ha pensato solo agli interessi propri. Ecco contro chi puntare il dito. Se un campionato oppure un club di prestigio volesse mettere un tetto agli ingaggi sarebbe libero di farlo.

Ma, certo, perderebbe fascino, senza più essere competitivo ai livelli top. Dunque la domanda è cruciale: tra etica e realismo perché non far vincere il buon senso?

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